Invecchiando, si diventa intolleranti. Pare sia un dato di fatto. Io non ci credevo, ma l’ho sperimentato definitivamente nella recentissima maratona (tre giorni) di festeggiamenti per il compleanno della Stefi. Mi vedo quindi costretto ad aggiungere alla lista dei luoghi che non sopporto fisicamente, oltre agli ospedali e agli ipermercati, i ristoranti di qualsiasi genere e fascia di prezzo.
Una bella cena tra amici a casa, questa è una situazione sociale che posso gestire (massimo sei persone me compreso). Altrimenti, già in casa, scatta la paranoia del non riuscire a seguire più di due conversazioni contemporaneamente. Al ristorante, tutto ciò è amplificato. Io posso sopportare il ristorante se sono solo o se sono accompagnato da una persona. Diversamente, il rumore di fondo dei tavoli, della cucina, del traffico (nei dehor) mi disturba fortemente, creando in me una reazione allergica che si manifesta nell’occhio spento e nella gambetta che si agita.
Altra cosa che non sopporto dei ristoranti è la lentezza del servizio. Invecchiando, appunto, sono diventato intollerante. Quella mezz’ora di intervallo tra il momento in cui ti siedi e quello in cui il cameriere viene a chiederti cosa desideri, quei cinquanta minuti che passano tra un primo e un secondo… Tutti momenti che invitano alla socializzazione e alla chiacchiera, ma che – per i motivi riportati nel paragrafo precedente – non fanno che sfiancarmi e rendermi sempre più nervoso.
Poi al ristorante io non mi tengo: o si tratta di una pizza e via, o altrimenti vengo letteralmente sfondato da camerieri che volteggiano con cinque vassoi di antipasti, due di primi, due di secondi e quattro di contorni. E io non so dire di no. E’ un mio limite.
Salverei gli etnici per la voglia che ho di sperimentare (una volta l’anno, magari). Per il resto… Le pizzerie sono incasinate e c’è troppa gente. Le trattorie sono popolate da strani individui che parlano con un megafono integrato nelle corde vocali e da camerieri che ti guardano male. I ristoranti di lusso… beh, sono ristoranti di lusso. I fast food sono pieni di bimbiminkia e poi c’è sempre Giusy Ferreri che impazza dagli altoparlanti. I bar con “apericena” (neologismo da brivido) ti garantiscono la salmonella. Gli agriturismi sono belli ma sembra sempre che devi per forza complimentarti per la gestione di tutti gli anelli della catena alimentare se no si offendono (e poi nella migliore delle ipotesi ti perdi mentre cerchi di raggiungerli).
In definitiva, tutte le volte che mangio fuori torno a casa appesantito e/o col mal di testa.
Secondo voi esiste un rimedio? O sono io che sono invecchiato troppo e male?
Mia madre, che soffre di un’intolleranza credo anche superiore alla tua, adotta la seguente strategia: va al ristorante a un orario assurdo (tipo entra cinque minuti prima dell’apertura della cucina) e quando ci va per lavoro mangia prima qualcosa a casa e poi giunta li’ ordina soltanto verdure, al massimo frutta. In alternativa, io consiglio sempre un bicchierone di coca cola che, si sa, e’ buona pure per sturare i lavandini 😀
cazzo il compleanno di stefi!!!!!!!
falle gli auguri in ritardo da parte mia. appena riesco la chiamo….
Uhm sull’agriturismo condivido molto. Intendiamoci io sono perfettamente d’accordo sull’importanza della provenienza dei cibi sull’importanza della qualità del cibo etc etc… però quando vado per esempio in un agriturismo di Moncucco dove il proprietario è amico di Petrini di Slow Food e ad ogni portata (e sono tante, troppe!) ti racconta la rava e la fava di ogni singolo ingrediente e io mi ritrovo lì ad annuire con il mio sorriso più deficiente, beh in quei momenti rimpiango il mio Döner Kebab preferito (a Berlino in Kreuzberg 36) take away rapido ed indolore con gestore burbero e di poche parole 🙂
Percepisco un certo esaurimento pre-vacanziero in questa intolleranza diffusa.
L’intolleranza deve essere mirata! Almeno le trattorie e soprattutto gli agriturismi sono da salvare. Piccole gite o addirittura soste estemporanee prendono gusto proprio se azzecchi il ristorante.
Poi è vero, invecchiando si deve un po’ cambiare comportamento a tavola e adottare alcuni stratagemmi tipo (per i menù fissi) saltare i primi se gli antipasti sono stati ottimi e abbondanti e comunque imparare a dire no. In generale, il veccchio deve farsi moderato oppure programmare la possibilità di collassare un paio d’ore subito dopo (o anche durante) il pasto. E si torna alla comodità dei pasti a casa propria (a proposito, quando mi vieni a trovare? Prometto di non insistere con i bis)
So che ti sto dare un consiglio pessimo, ma una sigaretta dopo i pasti che varrebbero per 3, è l’ideale per non sentirsi nè appesantiti nè febbricitanti nè “delle pezze”!