HIT MAN: LINKLATER E L’ACTION

Hit Man di Richard Linklater è probabilmente il film che farà di Glen Powell (qui anche sceneggiatore e produttore) una vera star, più ancora di Anyone But You. Siamo dalle parti dei film “di genere” di Linklater (Bernie, School of Rock), che per quanto pop e divertenti mantengono sempre parte di quel piglio indie e riflessivo di Boyhood o della serie “Before qualcosa”.

I killer a pagamento (gli hit man) come si sa sono delle figure di fantasia. Come spiega il protagonista non esiste veramente qualcuno disposto a farsi un ergastolo per la tua bella faccia uccidendo al posto tuo, nemmeno per tanti soldi. Ma la gente non lo sa, e questo fa la fortuna della polizia di New Orleans, che incastra diversi personaggi sulla base della loro intenzione di uccidere qualcuno tramite terzi.

Come fanno? Semplice, c’è Gary (Glen Powell, appunto) che la mattina insegna filosofia al college, vive solo con i suoi due gatti Ego e Id e ha come hobby pallosissimo il bird watching con cui ammorba i colleghi, e il pomeriggio collabora con la polizia impersonando un finto killer a pagamento per fare da esca ai potenziali criminali.

Inizialmente Gary è timido, poi ci prende la mano e tra mille travestimenti si adagia nel personaggio di Ron, un killer dal cuore d’oro, affascinante e volitivo che fa breccia nel cuore di Madison, una giovane sposa che vorrebbe far uccidere il marito violento. Ron/Gary esce per un attimo dal ruolo e la dissuade, perché è già innamorato.

Da questo momento Hit Man smette di essere una commedia d’azione e diventa un film multistrato, un po’ romcom, un po’ screwball comedy, un po’ neonoir ironico (ci ho sentito molta eco dei primi Coen), un po’ riflessione filosofica sull’identità, sul superomismo, sull’etica e sulla politica. I casini si accumulano sempre di più e i due personaggi principali dovranno svelare l’uno all’altro alcuni segreti…

Il film è tratto da un articolo di true crime ed è basato su un personaggio reale: alla fine viene chiarito in quali punti del film è stato usato un po’ di “abbellimento narrativo”. Insieme a The Fall Guy (ma in questo caso con meno stunt fisici e più introspezione) uno dei migliori film del genere visti quest’anno.