DOG MAN MA NON QUELLO DI GARRONE

Il nuovo film tratto dai libri illustrati di Dave Pilkey (autore della serie di Capitan Mutanda, di cui Dog Man è una sorta di spin-off) è uno di quegli strani esperimenti Dreamworks che mette d’accordo adulti e bambini nel divertimento.

Dog Man è coloratissimo, ipercinetico, concepito e disegnato come lo farebbe un bambino (e infatti dovrebbe essere un fumetto ideato da George e Harold, i due protagonisti di Capitan Mutanda) ma animato con le tecniche più sofisticate, secondo la lezione che gli ultimi film animati anche di Sony Pictures Entertainment hanno indicato.

La premessa è già assurda in partenza: Dog Man è il risultato della fantasia di una chirurga e un’infermiera che raccolgono un poliziotto e il suo cane dopo un brutto incidente. Entrambi sono in pericolo di vita, ma si risolve cucendo la testa di cane sul corpo del poliziotto, cosa potrebbe mai andare storto?

Ovviamente la fidanzata lo lascia e lui resta a vivere in una cuccia sovradimensionata alla perenne caccia della sua nemesi, il malvagio gatto Gino (Petey in originale). I villain in Dog Man hanno le voci migliori: Petey è Pete Davidson e il pesce che fa da boss finale è doppiato da Ricky Gervais.

Petey è anche il centro emotivo del film: gatto cattivo perché abbandonato da un padre anaffettivo, si riproduce per clonazione e ottiene però… un sé stesso cucciolo che funge da figlio. Lo abbandona, perché non sa fare altro, ma prima della fine del film scoprirà le gioie della paternità.

Tutto sommato, un film che sono stato contento di vedere, anche se avrei preferito la versione originale.

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