Attraverso il camino
Traduzione: Silvia Samory
Sirius Black fece scivolare l’ultimo uovo sul vassoio riempito di fagioli e salsiccia e, con un colpo secco della sua bacchetta fece sfrecciare il vassoio fino al tavolo. Atterrò di fronte agli occhi semi-addormentati di Remus Lupin, dove piroettò vorticosamente, ruotando almeno una mezza dozzina di volte, prima di arrestarsi solennemente.
“Ta da. Finisci di mangiare, Lunastorta! Io vado a prendere il giornale.”
Remus aprì la bocca per rispondere, ma Sirius aveva già ripulito la cucina in un balzo e si era slanciato fuori nell’aria calda di Giugno.
“Lo sai che puoi anche Chiamare il giornale.” Gli gracchiò dietro Remus, spingendo cautamente le uova fino al centro del tavolo, dove non sarebbe riuscito ad annusarle. Non era abbastanza sveglio per questo.
“Mi piace uscire a raccoglierlo.”
Sirius era già rientrato. Quell’uomo era davvero iperattivo, pensò Remus – gettò il giornale per aria e lanciò un rapido incantesimo per far sbattere le sue pagine, come un uccello, fino al tavolo. Atterrò accanto al piatto della colazione e cinguettò sonoramente prima di ricomporsi. Remus gemette.
“Per piacere,” borbottò, “Basta con i fuochi d’artificio di primo mattino.” Ma non era veramente convinto. Sapeva che Sirius era eccitato. E quando fosse stato abbastanza sveglio, sapeva che si sarebbe unito a lui.
Sirius non sembrò per nulla offeso – rise e ficcò un’intera salsiccia nel suo largo sorriso.
“Sono un uomo libero, Lunastorta,” disse radiosamente, non appena ebbe inghiottito. Remus non poté fare a meno di sciogliersi in un sorriso, stanco come si sentiva. La libertà di Sirius aveva per lui la medesima importanza che aveva per Sirius stesso.
“Un uomo libero con un figlioccio. Ed è estate. E la dannata guerra è finita…” Sirius torse il suo viso in una smorfia volutamente tormentata e cominciò a scuotere a scatti la testa, selvaggiamente. “E ‘Accidenti, non è bello essere liberi, in un mondo dove le tue Maledizioni possono catturare la mia libertààà…‘
Remus lo squadrò, a metà tra il divertito e il preoccupato. “Stai cantando”
“Puoi ben dirlo ‘Oh oh oh…‘ ” E mentre ancora faceva ondeggiare la testa e canticchiava, Sirius sollevò la sua bacchetta per preparare il caffè.
“Ma cos’è questa roba? È orrenda. Non è musica.”
“Fatti prendere, vecchio, sono le Sorelle Stravagarie. Vanno di moda.” Sirius fece un largo sorriso, al di sopra delle sue spalle. “E’ meglio che facciamo un po’ di pulizie adesso, ci sono dei ragazzi in arrivo.”
Saltò a sedere sul bancone mentre il caffè si preparava da solo, e fece un sorriso attraverso la porta della cucina, rivolto a Remus, che rimase al tavolo, confuso.
“Eh già, dovresti avere un certo successo con loro.”
“Sei geloso solo perché sei stonato. Avanti, ammettilo!”
“Ah.” Annuì Remus. “Beh, a parte l’abilità musicale, Felpato, sei totalmente impreparato all’arrivo di Harry. Capisco che non abbiamo avuto tempo per pensarci questa settimana, ma ci sono cose che hanno ancora bisogno di…”
“Impreparato! Sono pronto e desidero vivere con Harry fin da quando aveva un anno, e ho dovuto attendere troppo a lungo per questo…” Il sorriso di Sirius scomparve lentamente e i suoi occhi persero un po’ della loro lucentezza. “Direi che c’è stato abbastanza tempo per prepararsi.”
Remus scosse la testa in segno di scusa e alzò una mano, questo non era il momento per pensare al passato. Guardare avanti, disse a se stesso. Era ciò che avevano giurato di tentare. Harry stava arrivando e aveva bisogno di passar sopra a tutto quel che era accaduto, il che sarebbe stato difficile con un Sirius volubile, che stava già perdendo le staffe il primo giorno. Avrebbe dovuto tenerlo calmo e reindirizzare il fuoco della conversazione.
“Non volevo dire questo, Felpato. Intendevo la casa. I letti, le provviste…”
“Ce li abbiamo i letti, di cosa stai parlando?”
“Lenzuoli, cuscini… è un bene che i miei genitori si siano presi cura di tutto. Abbiamo abbastanza piatti e argenteria, e loro avevano un gatto, così la vecchia lettiera è ancora in giro da qualche parte per Grattastinchi… ma non abbiamo abbastanza asciugamani per sei persone…”
“Chiacchiere, chiacchiere, chiacchiere.” Sirius, che sembrava di nuovo contento, versò una tazza di caffè e si diresse a grandi passi verso la piccola sala da pranzo, per sedersi al tavolo di fronte a Remus. “Pensi che importerà loro qualcosa? Asciugamani e lenzuoli? Sono ragazzi!”
Remus sollevò un sopracciglio verso Sirius che continuava a stupirlo. In che modo lo stesso uomo potesse essere così maturo e così infantile allo stesso tempo, andava oltre la sua comprensione. “È quello che ti sto dicendo. Quelle ragazze si preoccuperanno di avere gli asciugamani puliti. Gli animali devono essere accuditi… sarà un gran traffico qui, tra i gufi e il gatto. E se non hai cibo in casa, avrai per le mani due irrequietissimi diciassettenni fra…” Remus sbirciò l’orologio. “Quattro ore.”
“C’è un sacco di tempo!” Sirius si distese e stiracchiò le gambe. “E Ron ha diciotto anni, credo.” Si fermò e scosse la testa. Gli occhi azzurri brillarono di ricordi. “Ti ricordi com’era a diciotto anni?”
Remus sorrise. Sirius sogghignò. Si ricordavano molto, molto bene dei diciotto anni. E questo era un modo diverso di pensare al passato. Questo era consentito.
“Vivevamo in quella specie di buco con tre letti…”
“Oh… ti ricordi il caminetto?”
“Come potrei dimenticarlo?”
“Quel vecchio affare striminzito… penso di avere ancora delle scottature.”
“James lo adorava… beh, penso che fosse merito dei disegni che Lily aveva fatto tutto intorno.”
“Per piacere, erano solo lusinghe… lui voleva solo entrare nella sua stanza e pensava che a quel punto il gioco fosse fatto.”
“Sirius!”
“Oh, insomma! Lo sai! Ma Lily non era sciocca, non avrebbe mai fatto entrare James nella sua stanza.”
“Beh, sì. Lo faceva diventare matto.”
“Questo è certo.” Sospirò Sirius. “Non posso credere che Harry stia realmente arrivando qui.”
Remus annuì. “Non posso credere quanto il vedere il suo viso sia come…”
“Avere di fronte Ramoso. Lo so.”
“Pensi di saperlo, ma aspetta. Tu hai conosciuto Harry in guerra, in crisi… Ma l’anno che l’ho avuto in classe, ti giuro, a volte dovevo ricordare a me stesso chi fosse. E’ quasi inquietante.”
“Dio, lo spero!”
Stettero in silenzio un attimo. Sirius andò in cucina, si versò una seconda tazza di caffè e tornò. Quando si fu seduto di nuovo, aggrottò le sopracciglia e indicò la finestra.
“Chi è quell’uomo?”
Remus seguì il dito di Sirius e scrutò fuori dalla finestra anteriore del cottage, oltre il sentiero, dove una grande, imponente casa grigia faceva da sfondo ad un prato curatissimo, rendendo tutte gli altri cottage del vicinato terribilmente meschini al confronto. Nel suo ampio balcone superiore, sedeva un uomo che leggeva il giornale.
“Martin Lewis.” Rispose Remus.
“Lo conosci?”
“Beh, la sua famiglia ha sempre vissuto lì, ma noi non siamo stati a scuola con lui… è più grande di noi di una decina d’anni.”
“Ah.” Sirius guardò serio il suo caffè. Remus capì che c’era qualcos’altro.
“Perché lo chiedi?”
Sirius scosse la testa. “Niente, avrei dovuto aspettarmelo.”
“Cosa?” Remus non aveva intenzione di lasciar correre, non quando qualcosa aveva rattristato Sirius così in fretta.
Sirius sospirò e si curvò ancora di più sulla tazza di caffè che aveva in mano. “Nulla, Lunastorta, davvero. È solo che l’avevo salutato, prima, mentre raccoglievo il giornale.” I suoi occhi si offuscarono.
“E?”
“Ed è corso dentro.”
Remus allungò istintivamente una mano sul tavolo, ma Sirius la allontanò.
“No, avrei dovuto aspettarmelo.” Rise. “Anche se si potrebbe pensare che, da quando il Ministro mi ha scagionato, la gente non dovrebbe essere così spaventata…”
“Sirius…”
“Voglio dire, se fossi un traditore assassino, mi sarei già preso la sua testa, no?” Sirius guardò amaramente fuori dalla finestra. “Sono stato scagionato da nove mesi. Ho vissuto qui tutto questo tempo.”
“E’ già scappato da te altre volte, non è vero?” Sirius non rispose, ma Remus seppe che era così, e gli fece male al cuore. “Non me l’hai mai detto.”
“Beh, non c’è stato molto tempo per piagnucolare, non credi? Dopotutto, qual è il problema?”
“Avrei potuto dirti di non farci caso, Sirius. Fa lo stesso con me.”
Sirius guardò Remus sorpreso. “Vuoi dire che sa di te?”
Remus sorrise di sbieco. “In qualche modo lo sa. Non so come, ma la gente lo viene a sapere, e che tu sia realmente pericoloso o no, non sembra importargli. Molta gente sembra vivere nella paura, a prescindere della verità.”
Sirius rise cupo. “Abbiamo appena vinto una guerra e la gente si comporta ancora esattamente come prima. Non posso crederci. Ti giuro, Lunastorta, mi fa venire voglia di…” Si interruppe, bevve un lungo, bollente sorso di caffè e sbuffò. La sua voce era decisamente amara adesso. Aveva l’eco di Azkaban e Remus indietreggiò sentendola. Sapeva che il nuovo, accecante buonumore di Sirius sarebbe andato e venuto. Dopo tutto c’era stato molto poco di cui essere felici, per molto tempo. Anche se adesso stava arrivando la felicità, la storia non si poteva cambiare. Tutto quello che potevano fare era passarci attraverso e cercare di salvare ciò che era rimasto.
“Mi sono bruciato la lingua, cazzo!” Mormorò Sirius, guardando la sua tazza con occhio truce.
Remus riconobbe il segnale. Era il momento di cambiare argomento. “Devi andarci piano con le imprecazioni.” Disse dolcemente. “Devi dare l’esempio.”
D’un colpo la testa di Sirius si sollevò di nuovo, e cambiò espressione. “Cosa? Di fronte ai ragazzi? Come se Harry e Ron non avessero mai sentito la parola ‘cazzo’!”
“Quella non è di certo la tua imprecazione peggiore.”
Sirius fece un largo sorriso. “Vero!”
“In ogni caso, Ron e Harry non saranno soli.”
“Ma come! Devo tenere a bada la lingua di fronte alla piccola Ginny?”
Remus rise. “No, probabilmente lei è peggio di te. Una volta, durante una lezione di Difesa Contro le Arti Oscure, ho dovuto chiederle di darsi una calmata. Non riusciva a capire come far smettere a un Derviscio di roteare, e si è fatta scappare qualche ‘cacchio!’ di troppo”
“Durante la lezione?” Sirius sembrava ammirato.
“Al suo secondo anno.”
“Mi piace!” Sollevò un sopracciglio. “Quindi è di Hermione che ci dobbiamo preoccupare. Bene, terrò a bada la boccaccia se posso, anche se, a giudicare da quel che abbiamo sentito scappare fuori dalla bocca di Ron, la poverina avrà già il suo bel da fare.”
“Eh già.” Remus trattenne un sorriso, mentre gli veniva in mente una cosa. “Ah, sì, volevo chiederti: alla fine che cos’hai deciso di dire loro, riguardo alla sistemazione delle camere?”
Sirius non riuscì a reprimere un sorriso. Sogghignò maliziosamente. “Ho detto loro che dovranno dividersi le camere due a due.”
“Sì, ma hai messo bene in chiaro quali due dovranno dormire in ogni camera?”
“Ho pensato di lasciarli decidere da sé. Sono certo che sono grandi abbastanza per risolvere il problema.”
“Non vorrai dirmi che hai considerato..”
“Certo!”
“Assolutamente no! Non possiamo! I Weasley ci uccideranno, Felpato.”
“Ah, Lunastorta. Ed io che pensavo ti ricordassi i diciotto anni…” Sirius poggiò i piedi sul tavolo e chiuse gli occhi, evidentemente assorto nei ricordi.
Remus gli lanciò un’occhiata di disapprovazione, della quale l’altro non si accorse, raggiunse il giornale e lo raccolse, tornando a sedersi per dare finalmente un’occhiata alle notizie dal mondo dei maghi.
“SALVE! SALVE? C’E’ NESSUNO? SIRIUS? REMUS?”
La voce arrivava dal soggiorno, forte, insistente ed estremamente allarmante. Appena l’ebbero udita, Sirius e Remus si gettarono sul pavimento d’istinto, afferrando le loro bacchette. Remus sentì il suo respiro trasformarsi in affanno e il suo cuore accelerare. Accanto a lui poteva sentire il respiro di Sirius, altrettanto affannoso.
Ci volle un momento per ricordarsi che i Mangiamorte erano stati sconfitti. Si guardarono a vicenda, sotto il tavolo e scossero la testa, ansimando.
Ancora sotto shock, Remus pensò che non era uno stato d’animo piacevole. Mentre si chiedeva per quanto tempo avrebbe reagito così ad eventuali visitatori, si rimise in piedi, si spolverò i vestiti e attraversò l’ingresso, fino alla stanza dove si trovava il caminetto più grande. Al suo interno, in mezzo alle fiamme, stava gridando un viso familiare.
“SE SIETE A CASA, HO BISOGNO DI PARLARVI. SONO ARTHUR…oh, Remus. Sei a casa.”
Arthur Weasley, dall’interno del camino, sorrideva, ma questo non riusciva a dissimulare la fatica che si leggeva nei suoi occhi. Era invecchiato di almeno dieci anni, nei tre che erano appena trascorsi, lo si vedeva in ogni linea del suo volto. E capelli rossi che gli erano rimasti si stavano tingendo di grigio.
“Ciao, Arthur. Ci hai un po’ spaventati, mi spiace.”
“Arthur annuì.” Aveva capito. “Non avrei voluto gridare così, ma è urgente. Hai letto il giornale?”
“Stavo appunto per farlo. Perché? Che cosa è successo?”
“C’è anche Sirius? Mi piacerebbe dirlo una volta sola.”
“Sono qui.” Sirius si era apparentemente ripreso. Entrò nella stanza e si accovacciò davanti al caminetto. “Di che si tratta, Arthur?”
“Non credo che ti farà piacere, Sirius. Si tratta dei Dissennatori.” Arthur appariva vistosamente dispiaciuto. A nessuno piaceva ricordare i Dissennatori a Sirius. Questo rese di nuovo duro il suo sguardo. Remus guardò il volto di Sirius irrigidirsi, come una roccia dalle linee taglienti, mentre chiamava a raccolta le proprie forze per affrontare il discorso.
“Va tutto bene,” disse Sirius in tono neutro, anche se Remus sapeva che non era così. “Che cos’è successo coi Dissennatori?”
Arthur sospirò, e la sua testa tra le fiamme si scosse lentamente da una parte all’altra. “Stiamo passando un periodo infernale, per cercare di tenerli ad Azkaban. Per questa settimana abbiamo già fatto il lavoro più duro, rinchiudendo tutti i Mangiamorte in prigione, ma non porterà nulla di buono se non avremo le guardie, no?”
“Perché? Per quale motivo i Dissennatori non sorvegliano l’isola?” Chiese immediatamente Remus, sentendosi mancare. Fin dalla battaglia che aveva avuto luogo la settimana precedente, a Hogwarts, tutto ciò che l’Ordine della Fenice aveva potuto fare, era stato compiere una retata degli ultimi sostenitori di Voldemort ed assicurarsi che non potessero fare ulteriori danni. Tutti ricordavano che cos’era accaduto ai Paciock l’ultima volta. Proprio quando sembrava che fossero finalmente al sicuro, erano stati brutalmente attaccati.
“I Dissennatori non vogliono starsene quieti.” Li informò Arthur, ma se la sua voce suonava salda, il suo sguardo era ansioso. “Stanno cercando di allontanarsi dall’isola. Credo che la libertà che avevano nell’Armata Oscura abbia dato loro alla testa. Sono stati incoraggiati per così tanto tempo ad eseguire il loro Bacio a casaccio, che ora…”
“Non dirmi che…” Il viso di Sirius era pallidissimo.
“No… Non hanno fatto danni a nessun innocente. Non ancora. Ma c’è una gran preoccupazione. Se non vogliono rimanere all’isola, non c’è molto da fare per tenerli lontani dalle strade. Non ho idea di come possiamo sperare di restaurare Azkaban se non riusciamo più a trattenerci i Dissennatori.
Remus si spostò alle spalle della figura accucciata di Sirius e gli poggiò delicatamente una mano sulla spalla. “E quindi dove si troverebbero ora i Mangiamorte?”
Arthur serrò i denti. “Malocchio si sta occupando di loro. Non andranno da nessuno parte per un po’. Si trovano ad Azkaban. Ma deve lavorare così tanto, e non ci sono più abbastanza Auror per dargli una mano.” Si fermò e scosse nuovamente la testa.
“E tu come stai, Arthur?” Domandò gentilmente Remus.
Il volto nel camino scoppiò in una strana risata. “Bene, per quanto si possa star bene in queste circostanze. Ho gente che mi aiuta. Fletcher sta tenendo in piedi la Squadra Speciale Magica, Malocchio organizza gli Auror, ci sono i Diggory e i Patil… e anche altri sono tornati…” Emise un profondo sospiro. “Ma ho due problemi. Primo, non voglio che i Dissennatori si avvicinino a nessuno; non affiderò loro nemmeno i prigionieri. Non tutti quelli che si trovano ad Azkaban meritano di esservi rinchiusi, e non voglio assolutamente che vengano tutti Baciati, finché non avremo le prove di chi è veramente colpevole. Ci stanno di nuovo proponendo la vecchia linea di difesa.”
“Rivendicano di essere stati controllati tramite la magia.” Sirius si alzò in piedi e attraversò rapidamente la stanza. Quando tornò indietro i suoi occhi erano lividi. “Arthur, alcuni di loro probabilmente stanno dicendo la verità.”
“Lo so. Ma cosa posso fare? Non ho alcun modo di trattenere i prigionieri ad Azkaban senza i Dissennatori, e non posso lasciare che i Mangiamorte vengano liberati. Non ho abbastanza manodopera per poter indagare approfonditamente su tutti i loro casi, tanto meno per poter assicurare a ciascuno un giusto processo. Il Ministero non si è mai trovato di fronte a niente che avesse questa portata; dei vecchi funzionari, la metà è morta o non ha nessuna intenzione di riprendere il suo lavoro…”
“E’ una rovina, lo so. Ma non puoi lasciare queste persone ad Azkaban, non puoi, Arthur, non finchè non avrai saputo con certezza che cos’hanno fatto. Dobbiamo uccidere i Dissennatori…è tempo che vengano distrutti.”
“Sirius.” La voce di Remus suonò molto dolce. “Arthur, cosa vuoi che facciamo?”
“Qualunque cosa possiate.” Il suo volto era tirato. “So che siete stanchi. Avete bisogno di riposo più di chiunque altro, tutti e due. Non ve lo avrei chiesto, se non avessi avuto veramente bisogno di aiuto.”
Sirius si ciondolava avanti e indietro sui piedi, con le mani tra i capelli. “Stai certo che ti daremo una mano. Ma devo pensarci un po’ su. Devo pensarci un po’ su… perché quei prigionieri… se alcuni di loro stanno dicendo la verità, Arthur, anche uno solo di loro…”
“Sirius.”
“Credimi Sirius, desidero che tutti loro vengano sistemati. Ma prima di tutto abbiamo bisogno di raccoglierli. Malocchio e Fletcher hanno radunato tutti quelli che avevamo ragione di ritenere colpevoli. Preferirei sistemarli in un’altra prigione, ma dove? E anche se potessimo trasferirli, come li terremo rinchiusi? Non siamo ancora approdati a nulla. Ma prima di qualunque altra cosa, quel che devo fare è di tenere quei Dissennatori lontani dalla terraferma… Remus, non conosci nulla che possa trattenerli ad Azkaban?”
“Solo il Patronus.”
“Infatti è tutto quel che ho.” Sospirò. “Ma ti assicuro che lanciare quell’incantesimo venticinque volte al giorno sta letteralmente distruggendo l’esistenza di Malocchio e degli altri.”
“Ti credo. E’ estenuante.” Remus fece una pausa, ben sapendo quale sarebbe stata la risposta alla sua prossima domanda. “Vuoi che vada là?”
“No.” Arthur finalmente fece un sorriso, che questa volta raggiunse anche i suoi occhi, quando guardò Remus. “Non dovete assolutamente venire qui. Voglio che rimaniate entrambi dove siete. E abbracciate i miei ragazzi da parte mia, quando arriveranno. Lo farete?”
Remus annuì, restituendogli il sorriso. “Se me lo lasceranno fare!”
“Harry ed Hermione sono inclusi nell’abbraccio.” Arthur sorrise e sollevò le sopracciglia mestamente. “Siete entrambi pazzi, lo sapete? Vi metteranno sottosopra la casa. Non riesco a capacitarmi di come vi sia venuto in mente di prendere con voi quattro ragazzini per un’estate.”
Sirius rise; bruscamente, ma era tuttavia una risata e sembrò estraniarsi dalle sue preoccupazioni per un momento. “Senti chi parla! Ne hai affrontati sette, per tutta la vita!”
Arthur indietreggiò, Remus indietreggiò e Sirius immediatamente impallidì. Aprì la bocca per parlare, come se ci fosse qualcosa da dire.
Ma fu solo un momento, e Arthur si riprese subito. “Eh già, l’ho proprio fatto.” Mormorò, senza rivolgersi a qualcuno in particolare. Poi sbatté le palpebre e proseguì, con la premura che tornava sul suo volto mentre ricominciava a borbottare su Azkaban. “Dobbiamo pensare a qualcosa di nuovo. Rimpiazzare i Dissennatori. Penelope ha lavorato così a lungo su quell’Incantesimo di Imprigionamento, ed ora, se potessimo sfruttare una cosa come questa, sarebbe una soluzione.”
“Quanto manca perché l’Incantesimo sia completato?” Domandò Remus immediatamente.
“E’ ancora in alto mare. Se ci fosse solo qualcos’altro…” Arthur sembrava essere davvero allo stremo. “Vi prego di pensare a quel che vi ho detto. E di riferirmi immediatamente se trovate qualcosa che possa funzionare; voglio che me lo facciate sapere, anche se fosse solo un tentativo.”
Sirius era ancora incapace di parlare, così Remus annuì. “Ci proveremo.”
“Grazie.” Il viso di Arthur si girò leggermente, e sembrò osservare qualcosa. “Maledizione!” mormorò un istante dopo, “Di nuovo! Dannati giornalisti… erano qui appena ieri, volevano una dichiarazione su quello che stiamo pianificando riguardo ad Azkaban. Ma cosa pensano sia cambiato dopo ventiquattro ore? Sarei tentato di dirgli che lo stiamo chiudendo per trasformarlo in un’attrazione turistica per Babbani.”
Remus sogghignò. “Pensi che sarebbe adatto per i Babbani?”
“Per loro forse no, ma lo sarebbe per la Gazzetta del Profeta. Credimi, è un mondo impazzito. Il Ministero sta cadendo a pezzi, Gringotts è a terra, Hogwarts ha dovuto chiudere. Ma non la Gazzetta del Profeta, no, i media rimangono sulla cresta dell’onda.” Si mise a ridacchiare. “Spero che ci sia rimasta anche un po’ di speranza, da qualche parte…” Tornò di nuovo serio. “Fatevi vivi appena potete, va bene?”
“Lo faremo. Arrivederci Arthur. Salutaci Molly.”
Con un sorriso, un cenno del capo ed un ‘pop’, Arthur Weasley scomparve.
Sirius non perse tempo. In uno scatto d’ira si rivolse verso il muro e lo calciò, così forte da farsi male, ma non sembrò accorgersene.
“Stupido. Incosciente. Come ho potuto parlargli dei suoi figli?”
“Ma tu non intendevi… ”
“Non importa che cosa intendevo. C’è Arthur che ci chiede aiuto, sommerso di lavoro per rimettere in piedi il Ministero; ed io vado avanti senza pietà a ricordargli…”
“Non sei stato senza pietà.”
Ma Sirius non lo stava ascoltando. “Ero tutto preso a pensare ad Azkaban. Basta una parola sui Dissennatori e perdo la testa. Bravo egoista! Senza pensare a cosa stia ancora passando… ha perso un figlio!”
“Sirius, adesso piantala!”
Sirius si placò. Si lasciò scivolare su una sedia e mise la testa tra le mani. “Perché?” disse fra le dita. “Perché? Perché sembra che ci sia ancora la guerra? Come posso pensare di discutere con Harry di tutto quel che è accaduto? Sono ancora perso. James non avrebbe dovuto lasciarlo a me. Come posso aiutarlo a superare tutto questo quando io sono…”
Remus si accucciò davanti a lui in un attimo; tolse le mani di Sirius dalla sua faccia e le strinse nelle sue. “Cosa? Quando tu sei cosa? Sirius, tu sei vivo. E desideri che lui sia qui. È questo che conta per Harry, te lo assicuro, è tutto quello di cui ha bisogno. Non devi preoccuparti di spiegargli tutto quello che è accaduto. C’era anche lui, era parte della cosa. Lui lo sa.”
Aspettò. E istantaneamente Sirius alzò lo sguardo su di lui. Era penoso guardarlo negli occhi, ma Remus tenne saldo il contatto.
“Io voglio solo conoscerlo, Remus.”
“Lo so.”
“Non voglio che nessuno di noi due perda altro tempo.”
“Lo so.”
Sirius ovviamente non aveva intenzione di piangere. Sul suo volto lottavano le emozioni. Ad un tratto allontanò le sue mani, balzò via dalla sedia e raggiunse a grandi passi l’ingresso, con un’improvvisa, folle energia.
“Dove stai andando?” gli domandò Remus.
“A fare provviste.”
La porta sbattè, facendo scuotere leggermente le pareti del cottage. Remus sospirò, si rimise in piedi e andò al piano di sopra, per controllare se le stanze erano a posto. Le cose andavano molto meglio di quanto fossero mai andate, pensò tra sé, mentre scuoteva i cuscini per sistemarli dentro alle federe. E sarebbero migliorate ancora. Ma questo non voleva dire che sarebbe stata un’estate facile. Non completamente.
*****
“Dove diavolo sono?”
“Stai tranquillo.”
“Avevano detto a mezzogiorno. È mezzogiorno e due. Pensi che sia successo loro qualcosa?”
“No, non credo.”
“Beh, come posso saperlo?” Sirius era nervoso, eccitato, sul punto di prendere a calci i muri. “Mezzogiorno e tre.”
“Conti le ore estremamente bene, te l’avevo mai detto?”
“Oh, chiudi il becco, Lunastorta!”
“No, davvero, questo mi da l’occasione di discutere di una cosa con te – suppongo che avrei potuto aspettare un altro paio di settimane, ma…”
“No, dimmi”
Remus sorrise. Era così semplice distrarre Sirius, quando si trovava in quello stato. “Volevo solo essere sicuro che fossimo stati chiari su quel che andrò a fare tutti i mesi,” disse con calma. “Mi Materializzerò a Badenoch nella mattinata che precede la luna piena, per assumere l’Antilupo. Mi fermerò per la notte presso la casa del farmacista, per l’effettiva trasformazione, e sarò di ritorno il mattino successivo.”
Sirius aveva smesso di passeggiare avanti e indietro e la sua espressione era mutata. “Vorrei che tu non dovessi farlo. Se solo fossi in grado di affrontare quella pozione…”
“Allora la prepareresti. Lo so.” Erano tornati sull’argomento più e più volte. Era una ricetta incredibilmente complessa, con la quale nessuno dei due si trovava a proprio agio. E così Remus semplicemente preferiva recarsi altrove, quando poteva, per poter assumere un’appropriata Pozione Antilupo e per affrontare la trasformazione in tutta tranquillità, senza il pericolo di fare del male a se stesso o agli altri. Ma Sirius si sentiva ancora in colpa per non essere un esperto nel procedimento.
Remus, comunque, ignorava completamente il suo senso di colpevolezza. “Voglio solo che la trasformazione non diventi una discussione. Non tra di noi, e nemmeno con i nostri ospiti.” Sorrise sottilmente. “E così, se domanderanno qualcosa, risponderemo loro che io mi dovrò assentare per ventiquattro ore, una volta al mese. È abbastanza semplice. E se loro non chiedono nulla, Sirius, preferirei che non sollevassimo l’argomento.”
Sirius lo guardò intensamente per un istante, poi annuì. “Mi sembra giusto.” Poi, come se non avessero mai avuto quella conversazione, controllò l’orologio, lanciò uno sguardo alla canna fumaria e sbottò, “Cacchio! È mezzogiorno e sei! Ma lo sanno come si usa la Polvere Volante?! Devo raggiungerli a Hogwarts e vedere se…”
Non riuscì a finire la frase. Ci fu un lampo di luce verde, una folata d’aria e il tonfo di un grosso baule.
“Ahio, Grattastinchi!” Hermione Granger era apparsa nel grande camino, stringendo un grosso gattone rosso con entrambe le mani. Grattastinchi aveva ovviamente preso molto male il viaggio con la Polvere Volante – Hermione stava lottando per liberare la sua tunica dagli artigli aguzzi del gatto. Quando Grattastinchi saltò finalmente giù dalle sue braccia, alzò gli occhi, sorrise radiosamente e si diresse verso Remus e Sirius, che stavano al centro della stanza e ricambiavano il suo sorriso.
“Non so chi abbracciare per primo”, disse ridendo, mentre guardava l’uno e l’altro e batteva le mani dalla felicità. Non dovette scegliere. Sirius si era così eccitato nell’attesa che la afferrò e la strinse forte, fino a farla boccheggiare, rivolta verso Remus, che stava alle sue spalle. Lui le sorrise.
“Ciao Hermione.”
“Hermione, è meraviglioso rivederti,” gridò Sirius, lasciandola andare. “Ma che cosa diavolo vi ha trattenuti così a lungo?”
Hermione assunse subito un’aria colpevole, mentre si avviava ad abbracciare Remus. “A lungo?” Chiese ansiosamente. “Siamo così in ritardo? Oh, mi spiace di avervi fatti preoccupare, l’avevo detto a Harry…ma non volevamo mettergli fretta.”
Sirius fece un passo indietro e aggrottò le ciglia. “No, no, va tutto bene, è chiaro che non dovevate. Ma dimmi. Come sta Harry? Come state tutti quanti?”
Remus scosse la testa. “Sirius, sarà qui tra pochi secondi – Hermione, potresti spostarti un momento, per favore?” Sollevò la sua bacchetta. “Dovremo spostare il tuo baule dal fuoco prima…”
Era troppo tardi. Ci fu un’altra guizzante fiammata verde, un gran botto e una voce profonda che gridava, “ACCIDENTI!”
Ron Weasley era incuneato dietro il baule di Hermione – il suo era precipitato di sghembo sopra all’altro e lo nascondeva alla vista. Tutto quel che era visibile era una folta chioma di capelli rossi arruffati e un lungo braccio che brancolava da una parte, reggendo una gabbia per gufi. Al suo interno Leotordo dondolava da una parte all’altra e chiurlava allegramente.
Rapidamente Remus spostò con la magia entrambi i bauli, rivelando Ron imprigionato contro i mattoni.
“Hermione,” ansimò, mentre avanzava lasciando cadere con poche cerimonie la gabbia di Leo sul pavimento, “Vorresti prenderti un po’ più cura del tuo baule, la prossima volta? Non avrei voluto travolgere te e qualcos’altro. Hey, Sirius. Hey, Professor Lupin.”
“Remus, Ron.”
“Lo so, lo so, ma non posso farci niente. Mi sembra ancora una cosa così buffa.” Strinse con forza la mano di Sirius e poi quella di Remus, sorridendo ad entrambi. “Che figata essere qui,” sospirò osservando il confortevole soggiorno con un’aria di profonda soddisfazione.
“Ron!”
Sollevò un sopracciglio rivolto ad Hermione. “Cosa c’è? Non ti piace qui?” Lei lo fulminò con lo sguardo, ma non durò a lungo, perché lui zoppicò cautamente verso una sedia e cominciò a massaggiarsi una caviglia, facendo una smorfia mentre la ruotava delicatamente.
“Oh, ti sei fatto male colpendo il baule?”
“Un pochino.”
“Dai, non fare così…su, fammici dare un’occhiata”.
Hermione si inginocchiò e si diede da fare per un po’, ruotando il piede di Ron fra le sue mani, da una parte all’altra, mentre Ron la fissava da sopra la sua testa.
Remus guardò Sirius. Entrambi sorrisero.
“E così,” cominciò Sirius, con un tono alquanto malizioso, “qualunque cosa voi due abbiate fatto durante questa settimana, mentre noi tutti sgobbavamo altrove, vi siete divertiti. Non è vero?”
Remus si schiarì la voce e lanciò a Sirius un impercettibile sguardo obliquo. Non era gentile prendersi così apertamente gioco di loro in compagnia di persone adulte.
Ma Remus dimenticava che anche loro erano praticamente adulti. E di certo non sembravano terribilmente a disagio. Hermione diede un buffetto delicato alla caviglia di Ron. “Penso che te la caverai,” mormorò, rialzandosi rapidamente e rimettendo in sesto il suo abito. “Oh, anche noi abbiamo lavorato,” rispose vivacemente a Sirius, “Abbiamo aiutato la Professoressa McGranitt a ripulire tutto quanto per la ricostruzione. E abbiamo parlato un sacco di quel che è successo. Di quel che faremo ora che…” si fermò e sospirò.
“Onestamente, è stata la settimana più strana della mia vita e io non…”
“Anche per me,” concordò Ron, mentre si rimetteva la scarpa. “Cioè, cosa dovresti fare di te dopo…”
Si guardarono, entrambi senza parole e alzarono le spalle. Remus non poteva biasimarli. Avevano vissuto gli ultimi anni di quella che avrebbe dovuto essere la loro adolescenza, combattendo una guerra. Ci sarebbe voluto del tempo per abituarsi a vivere una vita normale.
Ma Sirius non sembrava d’accordo. “Oh, ve lo dico io che cosa farete,” disse con fervore, attraversando la stanza a grandi passi verso di loro, e sbattendo il pugno nella mano per sottolineare il suo entusiasmo. “Voi tutti trascorrerete un’estate fottutamente bella, per una volta…”
“Sirius!” Hermione era indignata.
“Ah,” rispose, lanciando uno sguardo imbarazzato a Remus. “Chiedo scusa.”
Ron tuttavia ridacchiò maliziosamente. “Finalmente qualcuno mi da una mano!” disse, alzandosi in piedi e arruffando i capelli di Hermione. “Sarà davvero una grande estate. Ti faremo impazzire.”
Hermione increspò le labbra nel tentativo di apparire arrabbiata. Ma non le riuscì.
“Mi domando che cosa stia trattenendo Ginny.” Rifletté dopo un istante. E subito dopo, “Spero che Harry stia bene.”
La stanza piombò in un silenzio grave, nel momento in cui ognuno di loro ebbe meditato sulla frase. Era abbastanza improbabile che Harry stesse bene. Di certo era vivo, ma per quanto riguardava il sentirsi bene… beh, rifletté nuovamente Remus, ci sarebbe voluto un sacco di tempo.
Ci fu un leggero guizzo, un mulinello verde e Ginny Weasley apparve nel caminetto.
“Oh, bene!” gridò Hermione. Vieni fuori di lì, dobbiamo spostare il tuo baule prima che Harry…”
Ma Ginny non si mosse. Aveva l’aria scossa. Si scostò i lunghi capelli dagli occhi e scrollò il capo.
“Che c’è Ginny?” disse Remus, attraversando velocemente la stanza. “Stai bene?”
“Non sono io. Io sto bene,” rispose prontamente. “E, a proposito, ciao a tutti.” Sorrise a Remus, salutò con la mano Sirius, che si trovava alle sue spalle.
Sirius raggiunse il caminetto in un solo, lungo passo. “C’è qualcosa che non va con Harry?” domandò.
“No… beh, lasciate che esca e vi spiegherò tutto, dobbiamo spostare il mio baule. Lui potrebbe arrivare.”
“Lui potrebbe arrivare?”
“Sirius,” disse gentilmente Remus, “potresti spostarti, per piacere, e far uscire Ginny dal camino?”
Sirius, di mala voglia, fece un passo indietro e Ginny entrò nella stanza. Remus fece levitare il suo baule accanto a quelli di Ron ed Hermione.
“Non avevo intenzione di spaventarti, o che altro, Sirius,” disse Ginny, prendendo una sedia e scivolandoci sopra, come se fosse esausta. Remus notò che i suoi occhi erano leggermente arrossati. “Non è che Harry stia effettivamente male… o meglio, non è che stia male fisicamente… insomma.” Si fermò, le sue guance si stavano leggermente colorando. “Capite quello che sto cercando di dire?”
“Sì,” rispose gentilmente Remus. “Che non si trova in pericolo.”
Ginny lo guardò con gratitudine. “Proprio così. Ma non vuole entrare nel caminetto.”
Si scambiarono uno sguardo, poi si rivolsero tutti verso Ginny.
“Cosa?” disse Ron, balzando in piedi. “Perché non vorrebbe entrare nel caminetto?”
Ginny sospirò e guardò Ron, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. “Non vuole lasciare Hogwarts,” rispose pazientemente. “Non vuole abbandonarlo… non è che non abbia voglia di essere qui,” disse rapidamente, rivolgendosi a Sirius e sorridendogli. “Non vede l’ora di rivederti. Ha portato con sé per tutta la settimana la lettera che gli hai spedito.”
Sirius apparve colpito.
“E’ solo che,” Ginny continuò, rivolta ora verso Hermione, in cerca di aiuto, “lui é… lui non…”
“Lui non riesce ad accettare che sia tutto finito,” disse dolcemente Hermione. “La scuola…” fece una pausa. “E in un certo senso, anche la guerra.”
Ron si rivolse immediatamente verso Hermione, con gli occhi lampeggianti. “Non vorrebbe che la guerra fosse finita? Ma certo che lo vuole! E’ stato terribile! Noi tutti abbiamo sempre desiderato che tutto questo finisse… beh… da sempre! Fin da quando lo abbiamo conosciuto! E adesso che ce l’abbiamo fatta e abbiamo la possibilità di vivere la nostra vita, lui non vuole entrare in quello stupido camino? Va bene, basta così. Io torno là,” disse con determinazione, “e lo farò…”
Ron si diresse verso il caminetto e Remus si mosse verso di lui per fermarlo, ma Ginny fu più rapida e lo bloccò in un attimo. “No, non farlo,” implorò, “Non possiamo lasciargli un minuto? E alla fine, se entro un quarto d’ora non sarà qui, qualcuno potrà andare a prenderlo.”
“Ci andrò io.” Sirius poggiò una mano sulla spalla di Ron. Per la prima volta in tutta la giornata Sirius apparve perfettamente calmo e razionale e Remus si meravigliò. “Lasciamogli un po’ di tempo, Ron. Non deve per forza accadere tutto in una volta. La consapevolezza… beh, si ottiene un po’ alla volta.” Sirius sopirò. “Credimi.”
Chiaramente Ron gli credette. Si ritirò dal caminetto e si sedette di nuovo, pesantemente. Hermione gli appoggiò una mano sulla spalla. Ginny fissò il caminetto. “Arriverà.” Disse con calma.
Il soggiorno era immerso nel silenzio, tranne che per i versi di Leotordo, che strideva ogni volta che Grattastinchi si aggirava furtivamente attorno al perimetro della sua gabbietta.
“Hermione,” mormorò Ron cautamente, indicando la scena.
“Stanno solo giocando,” replicò lei, con un tono che non lasciava spazio a repliche. Ron sollevò un sopracciglio con aria dubbiosa, ma non disse nulla.
Sirius si accucciò accanto al caminetto e cominciò a distrarre Grattastinchi. Remus li osservava, sorridendo tra sé. Aveva dimenticato che Felpato e Grattastinchi erano stati amici, una volta.
“Splendida, vecchia bestiaccia,” mormorò Sirius, sorridendo mentre strofinava Grattastinchi dalla testa alla coda. E calò di nuovo il silenzio, tranne che per le fusa di Grattastinchi. Quando fu passato un altro quarto d’ora, Sirius si alzò e guardò Remus con aria tesa.
“Pensi che debba andare a cercarlo?”
“Potrebbe essere una buona idea.”
“Allora vado. Voi mangiate e sistematevi… non preoccupatevi di aspettarmi.”
Tutti annuirono, e Sirius prese un pizzico di Polvere Volante dalla scatola sulla mensola. Stava quasi per lanciarla quando un’onda d’aria e di luce lo fermò; fece cadere la povere sul tappeto, senza accorgersene.
Harry Potter era apparso nel caminetto, con gli occhiali storti e i capelli neri scompigliati in tutte le direzioni.
“Ciao Sirius,” disse sorridente, anche se il suo sguardo era grave. Uscì dal caminetto, si mise in piedi di fronte al suo padrino, appoggiando delicatamente la gabbia di Edvige per terra, e tese le mani. “Mi dispiace di averti fatto aspettare così tanto.”
Ma a Sirius non importava. Afferrò le mani di Harry e lo strinse in un abbraccio improvviso.
“Benvenuto a casa,” disse, trovando a stento le parole. “Benvenuto a casa, Harry.”
Oltre la spalla di Sirius, tutti potevano vedere il viso di Harry. I suoi occhi erano chiusi e la sua faccia tanto tesa che i muscoli della mascella erano serrati. Ma si allungò verso Sirius e ricambiò l’abbraccio.
Remus non poté trattenere le lacrime. Era come vedere James. Vide che anche Hermione sembrava altrettanto confusa, e così Ron, che pure sorrideva, aveva gli occhi sospettosamente arrossati. Ginny non piangeva, ma i suoi occhi erano fissi sul viso di Harry.
“Grazie,” mormorò Harry dopo un lungo istante. Aprì gli occhi e si allontanò. Sirius poggiò le mani sulle sue spalle e lo guardò.
“Dio, come ti sei alzato.”
“Ma mi hai visto appena una settimana fa.”
“Non ho avuto occasione di rendermene conto.”
Harry annuì, e così fece Remus, mentre lo osservava. C’erano un sacco di cose che erano passate in secondo piano, negli anni appena trascorsi, e ci sarebbe stato tempo di rendersene conto. Si voltò e allontanò con la magia il suo baule dal caminetto, mandandolo accanto agli altri. “Ciao Remus,” disse, oltrepassando Sirius per stringere la mano al suo vecchio insegnante.
Remus sperò che le sue lacrime non fossero troppo palesi. Era certo che Harry ne avesse viste abbastanza. “Ciao Harry. E’ bello che tu sia qui.” Indicò la stanza a tutti quanti. “E adesso che ci siete tutti, posso iniziare la visita guidata?”
“Oh, sì, non vedo proprio l’ora di ve…” ma Hermione non ebbe il tempo di finire.
“Cosa si diceva poco fa, a proposito del pranzo?” domandò Ron improvvisamente. “Non potremmo prima pranzare e poi sistemarci?”
Remus rise. “Assolutamente. E mentre mangiamo…” Scoccò un’occhiata a Sirius e sorrise… “Forse vorrete decidere come organizzarvi per la notte.”
“Ah, sì.” disse Sirius restituendogli il sorriso. “Due per ogni camera. Il resto è affar vostro.”
Tutti e quattro i ragazzi spalancarono la bocca. Ridendo, Remus e Sirius li lasciarono a guardarsi l’un l’altro, e si allontanarono verso la cucina per cominciare a preparare il pranzo.