Autore
Arabella, da SugarQuill.net (tit. or. Getting the point)
Traduzione: Pietro Izzo
Harry non avrebbe mai immaginato di poter rimpiangere il suo gesto di cedere a Fred e George il premio del Tremaghi.
“Niente male,” stava borbottando Ron, mentre si guardava da tutte le angolazioni nello spechio del bagno dei ragazzi del quinto anno. Stava stirando con le mani le pieghe del suo abito da sera blu scuro, nuovo di zecca. Si passò una mano nei capelli rossi, poi si avvicinò allo specchio e studiò l’effetto complessivo per un bel po’. Era la terza volta che si aggiustava i capelli. O la quarta. Harry aveva perso il conto.
“E dài, muoviti,” si lamentò Seamus, cercando di spingere Ron via dallo specchio. “Devo aggiustarmi il colletto.”
Ron diede un’ultima occhiata al suo riflesso, fece un mezzo sorriso e si diresse verso Harry. “Bel regalo di Natale, eh?” chiese, indicando il suo abito nuovo, incapace di trattenere un largo sorriso. “Non me lo sarei mai aspettato da Gred e Forge.”
Harry alzò le spalle. Lui aveva lo stesso vestito che aveva indossato al ballo dell’anno prima; la signora Weasley aveva tentato di comprargliene uno nuovo a Diagon Alley, ma Harry non glielo aveva permesso, e lei si era rassegnata a mettergli in valigia l’abito verde. “Già,” disse senza impegnarsi troppo. “Possiamo scendere, adesso?”
“Devi incontrare la tua ragazza?” scherzò Ron. “È un bene che qualcuna te lo abbia chiesto. Lo sai, Harry…”
Harry lo sapeva. Sapeva esattamente cosa stava per dire Ron. Era tutta la settimana che non diceva altro.
“…gli appuntamenti, e tutto il resto. Non è terribile come pensavamo.”
“A-ha.” Harry ricacciò indietro l’impulso di dire a Ron che aveva praticamente dovuto legare Padma Patil, l’anno prima, per far sì che andasse al ballo con Ron.
“Devi solo farlo. Poche parole ed è fatta.” Il tono di Ron era un po’ troppo paternalistico, e Harry stava cominciando ad irritarsi.
“Tu sei partito con un po’ di vantaggio, no?” disse a mezza voce.
Ron smise di liberare il davanti del suo vestito da pelucchi invisibili e lo guardò. “Tipo?”
“Tipo due metri di neve e un letto gigante.”
“Io ho dormito sul pavimento!” sibilò Ron. Le sue orecchie erano rosse e i suoi occhi dardeggiavano da Seamus, a Neville, a Dean. “E chiudi quella boccaccia!”
Harry fece una smorfia. Se Ron aveva veramente dormito sul pavimento, come continuava ad insistere, doveva essere stato parecchio comodo. Non era per niente infreddolito il mattino che avevano scoperto lui e Hermione nella capanna di Hagrid.
“Spero che Hagrid si ricordi di cambiare le lenzuola,” disse una voce in direzione della porta.
Ron si girò di colpo. Harry guardò al di sopra della sua spalla e ricambiò il sorriso eccezionalmente largo di Fred. Cercò di soffocare le risate meglio che poteva, e fece finta di aggiustarsi i capelli allo specchio, mentre Ron imprecava ad alta voce e sbatteva la porta in faccia a Fred, senza pietà.
“Cerca di dare il buon esempio!” urlò allegramente George da dietro la porta. “Prefetto, e tutto il resto…”
Harry non riusciva a trattenere il riso, anche se ci stava provando con tutte le forze. Ron gli lanciò un’occhiataccia di riflesso nello specchio e lui ricominciò a tentare di aggiustare quei ciuffi di capelli neri che non avevano nessuna intenzione di appiattirsi sulla testa. Rinunciò dopo pochi secondi. Non solo era inutile, ma in ogni caso non doveva impressionare nessuno. Susan Bones era molto carina, e aveva un bel viso. Era stata gentile a chiedergli di andare al ballo con lei. Tutto qua.
“Io sono pronto,” disse Ron quasi ringhiando vicino alla porta, le braccia incrociate.
“Anch’io.” Harry si rimise gli occhiali e seguì Ron sulla scala a chiocciola, verso la sala comune.
Qualche gradino prima della fine, Ron si fermò di colpo.
“Va’ avanti tu,” disse un po’ incerto. Il suo tono di sicurezza era sparito.
Harry guardò il profilo di Ron. Il suo amico era diventato improvvisamente pallido. Deciso a non commentare una situazione abbastanza ovvia, Harry scivolò davanti a lui e continuò fino alla fine della scala. Giunto al piano, si girò per scoprire che Ron non aveva fatto un passo avanti. “Vieni?” gli chiese.
“Arrivo,” gracchiò Ron. Gli si spezzò la voce alla fine della parola, e si schiarì la gola rumorosamente, picchiandosi il petto con il pugno. Sembrava terrorizzato.
“Magari vado a raggiungere Susan nell’ingresso principale?”
“Beh, possiamo andarci insieme,” disse Ron velocemente, scendendo un paio di gradini.
Harry scosse la testa: non aveva nessuna intenzione di tener compagnia a Ron e Hermione durante il loro primo appuntamento. “Sono già in ritardo,” disse. E, dopo aver lanciato a Ron uno sguardo che voleva essere di incoraggiamento, girò i tacchi e si diresse verso il ritratto. Si preparò mentalmente ad una serata di danze con una ragazza che conosceva appena e sperò di non tornare nella sala comune per assistere ad uno spettacolo come quello dell’anno precedente.
*
Non succedeva spesso che Hermione si preoccupasse di cose come l’aspetto dei suoi capelli, ma Ginny la stava ascoltando senza scampo da circa due ore mentre lei ne parlava.
“Li odio!” mugolò Hermione, tirando via una bacchetta dal nodo di capelli sul retro della testa e gettandola sulla cassettiera. “Così non mi piace!”
“Se ti ho detto che te li aggiusto io,” intervenne Calì con foga da dentro l’abito che si stava infilando. “Piantala di strillare e siediti ben ferma. Ci vorranno solo tre minuti.”
Hermione la guardò molto male, ma quando si rivolse verso lo specchio, Ginny vide che il suo viso stava cominciando ad assumere un’espressione disperata.
“Sei bellissima, sul serio,” disse Ginny, col tono più dolce che poteva trovare. “Lascia che ci pensi Calì ai tuoi capelli, e non sarai costretta ad arrivare in ritardo.” Era strano, aiutare qualcuno a prepararsi per uscire con uno dei suoi fratelli, ma Hermione aveva veramente bisogno d’aiuto. Sembrava che potesse dare di matto da un momento all’altro. Anche se, come potesse essere possibile eccitarsi così per un ballo con Ron, Ginny non riusciva a capirlo.
“Devi sempre farli aspettare un pochino,” consigliò Lavanda, avvicinandosi allo specchio per mettersi il rossetto e lanciando ad Hermione un’occhiata cospiratoria. “Così, quando arrivi giù, loro sono nervosi e tu no.”
Hermione emise un suono di disgusto. Lavanda alzò le spalle e si truccò con grande attenzione, senza affrettarsi troppo a scendere, anche se Ginny sapeva benissimo che tra lei e Seamus c’era qualcosa fin dall’anno precedente. Si chiese se c’era del buono nel consiglio che Lavanda aveva appena dato, poi decise che non era per lei. Dopo tutto, che bisogno c’era di torturare Colin Canon? Era solo un amico. Non era il caso di farlo aspettare.
Calì si riavvicinò ad Hermione con un fruscìo di seta un momento dopo, e iniziò senza por tempo in mezzo a raccoglierle i capelli in uno stupendo chignon, lasciando qua e là dei riccioli liberi.
“No, diventeranno orribili-” protestò Hermione, tentando di raccogliere anche i ricci avanzati.
Calì le spostò tempestivamente la mano dai capelli. “Non toccare,” ordinò, come se la testa non appartenesse più ad Hermione. Tenendole i capelli con una mano, con l’altra Calì estrasse la bacchetta, la puntò sullo chignon e mormorò alcune parole che Ginny non conosceva. Una volta terminato, fece un passo indietro ed emise un sospiro di sollievo. “Sono cinque anni che volevo fartelo.”
Hermione alzò gli occhi al cielo, ma Ginny notò che era molto contenta del risultato. Guardò timidamente il suo riflesso nello specchio, poi scosse la testa come per non pensarci più. “A posto così,” disse velocemente. “Grazie, Calì, è bellissimo.”
“Sbrigati,” disse Ginny, “Mancano cinque minuti alle otto, e gli hai detto che saresti stata giù a meno un quarto.”
“Perfetto,” disse Lavanda con tono esperto.
Hermione si alzò e si rassettò la gonna del suo abito da sera. Erano nuovi – la signora Weasley si era preoccupata di portare entrambe le ragazze da Madama MacClan l’estate passata, dato che tutte e due erano cresciute di un paio di misure. Ginny diede un’occhiata veloce a Hermione, e notò che era certamente lei ad essere cresciuta di più sul petto: il suo abito era dello stesso tessuto leggero di quello dell’anno precedente, anche se questo era blu scuro e la scollatura era un po’ più profonda.
“Ti sta veramente bene,” disse Ginny, sentendosi un po’ gelosa.
Hermione si rese conto di quello che voleva dire l’amica, e si tirò un po’ più su la scollatura.
“No, lasciala così,” disse Ginny, tentando di essere d’aiuto, “A Ron piacerà.”
La testa di Hermione scattò in su. “Cosa?” sussurrò, guardando furtiva prima Calì, poi Lavanda e poi di nuovo Ginny, il viso completamente rosso.
“No! Voglio dire, il vestito – il colore -” tentò Ginny, ma lasciò perdere subito. Il danno era fatto; Hermione era ormai oltre qualsiasi tipo di shock. “Lascia perdere, andiamo. Sei pronta?”
Hermione si guardò un’ultima volta allo specchio, dubbiosa, poi annuì e seguì Ginny verso la porta della stanza, parlando molto velocemente di nulla in particolare. “Pensi che le Sorelle Stravagarie torneranno veramente o è solo una voce? Spero che Fred non dicesse seriamente, che vuole mettere un superalcolico nel punch, perché mi spiacerebbe togliere punti a Grifondoro, ma proprio non potrei lasciargli fare una cosa del genere. I tuoi capelli sono sempre così belli, non è giusto. Mi piace tanto il colore che hanno.”
Ginny le sorrise da sopra la spalla. “Grazie.” In realtà, le sembrava di avere un sacco di lentiggini che non stavano bene sotto nessuna luce, ma almeno in bianco non sembrava pallida come un fantasma. Non che importasse qualcosa, poi.
Erano quasi arrivate alla scala a chiocciola quando Hermione diventò silenziosa di colpo. Sorpassò coraggiosamente Ginny, sorridendo debolmente, e iniziò a scendere per prima, a spalle dritte e testa alta. A Ginny pareva di vedere qualcuno che stava per essere giustiziato nella maniera più dolce possibile.
“Divertiti,” le disse, incerta su cos’altro dire a una persona che stava per pomiciare con suo fratello. “Ma fallo dove non ti possiamo vedere,” aggiunse a mezza voce.
Hermione ovviamente non sentì la seconda parte della frase. Si toccò distrattamente i capelli, annuì senza voltarsi e scomparve per le scale.
Ginny la seguì, sperando per il bene delle sue scarpe che Colin fosse un ballerino migliore di Neville e sperando anche, per il bene di Hermione, che Ron non facesse nulla di stupido.
*
Ron fissava il fondo della scala del dormitorio femminile, sforzandosi di non sembrare nervoso. Di non toccarsi i capelli. O il vestito. O qualunque cosa. Pensò di sedersi, poi decise di no, si appoggiò al muro, poi si raddrizzò, incerto su come poteva apparire nella luce migliore. Controllò l’ora. Meno dieci. Era in ritardo.
“Magari ha cambiato idea,” disse Fred serio, arrivando da dietro con Angelina sottobraccio.
“Vattene,” disse Ron con voce incolore, guardando di nuovo verso la scala delle ragazze e desiderando di non aver guardato così tante volte l’orologio.
“Bel ringraziamento. Che ne diresti di tornare su a cambiarti e rimetterti il tuo vecchio abito da sera?”
“Oh, lascialo stare,” disse Angelina, trascinando Fred verso il buco dietro il ritratto. Ma anche se coperto dal brusio della sala comune, Ron udì il resto del suo commento. “Anche se lei non scende, non c’è bisogno che tu glielo faccia notare.”
Ron fece un verso di disperazione. Se lei non scendeva, avrebbe vomitato. Se scendeva, avrebbe probabilmente avuto la stessa reazione. Non era una bella situazione. Improvvisamente si ricordò di come Hermione era apparsa nella Sala Grande l’anno prima, completamente diversa dal solito. Si chiese come sarebbe stata stasera. Magari era già nella sala comune e lui non l’aveva riconosciuta. Si guardò intorno con ansia, sperando di non averla mancata.
“Farai meglio ad abituarti,” disse Seamus, unendosi a lui con aria esasperata. “Loro fanno così. Lo fanno apposta.” Guardò l’orologio e scosse la testa, e Ron si sentì un pochino meglio – dopo poco, però, decisamente peggio. Hermione non era mai in ritardo di proposito. Forse aveva ragione Fred, e lei aveva veramente cambiato idea.
L’orlo di un vestito da sera apparve sui gradini della scala e Ron inghiottì più volte, sperando che non gli mancasse la voce se quella era Hermione. Osservò il tessuto frusciare fino a vedere dei fianchi, una scollatura – un viso.
Emise un sospiro di sollievo.
L’espressione di Hermione tremò per un secondo, poi lei gli sorrise e lo salutò con la mano.
Ron tentò di salutarla anche lui, ma improvvisamente le sue mani erano difficili da controllare. Sembrava che non appartenessero più al suo corpo. Rimase lì impalato e aspettò che lei lo raggiungesse, sforzandosi di pensare a qualcosa da dirle quando fosse arrivata. Doveva dirle che stava bene? In effetti era meravigliosa, ma Ron aveva una mezza idea che non sarebbe in nessun modo riuscito a dirglielo.
“Ciao, Ron.”
La sua voce era diversa. Aveva un tono che lui non aveva mai sentito.
“Ciao.”
Ci fu una pausa. Ron si chiese come mai, di solito, riusciva a immaginare almeno trenta cose da urlare dietro a Hermione e adesso non gliene veniva in mente neanche una. Lei guardava verso la finestra e si mordicchiava il labbro – non gli era di nessun aiuto, e Ron cominciava a sentirsi abbandonato.
“Beh,” le disse. “Andiamo giù?”
Hermione incrociò il suo sguardo, poi guardò di nuovo verso la finestra e annuì. Sembrava che aspettasse qualcosa. Ron non riusciva bene a capire cosa.
“Grande,” tentò. “Andiamo. Ho una fame…”
Lei lo guardò di nuovo, e stavolta Ron riconobbe la solita Hermione. Irritata.
“Ma certo,” disse lei, e lo condusse al buco dietro il ritratto.
Risentito per il fatto di aver già sbagliato qualcosa di incomprensibile, Ron la seguì, indeciso se affrontarla apertamente e chiederle cosa c’era che non andava o se tenere la bocca chiusa. Optò per la seconda ipotesi, rimanendo in silenzio finché non si mischiarono alla folla di studenti vestiti di colori brillanti che si dirigevano alla Sala Grande.
Tra gli altri, Ron vide Harry – con Susan Bones. Il braccio di lei era intrecciato con quello di lui.
“Ah, già,” disse Ron a voce alta, e offrì il braccio a Hermione.
Lei lo prese subito e lo guardò negli occhi per un attimo. Ron era sollevato nel vedere che lei non sembrava più essere arrabbiata con lui.
“Ciao, Harry!” Hermione li salutò allegramente. “Ciao, Susan!”
Conosceva sempre tutti. Ron non riusciva a capire come facesse. Fu tentato di chiedere a Susan se era una delle vittime del C.R.E.P.A., ma non era così stupido. “Ciao,” fece anche lui a Harry e alla sua ragazza.
Harry gli lanciò uno sguardo carico di significati, indicando Hermione con un cenno impercettibile. Ron fece spallucce. Guardò Harry con lo stesso tipo di sguardo, e anche Harry alzò le spalle. Si conoscevano abbastanza bene per capirsi al volo con uno scambio di gesti. Era sempre un inferno, ma era meglio dell’anno prima.
*
Hermione avrebbe voluto smettere di agitarsi. La cena era stata splendida, e tutto era sembrato semplice e normale mentre era seduta con Susan e Ginny a chiacchierare con Ron, Harry e Colin, tutti insieme.
Ma la musica era iniziata. Musica lenta. Hermione sentì che non trovava più le parole, mentre il suo cuore accelerava.
“Balliamo?” Colin fu il primo a parlare. Fissava Ginny, apparentemente senza alcun segno di nervosismo.
Lei sorrise in segno di assenso, e Hermione pensò che era veramente carina mentre si alzava e raggiungeva Colin sulla pista. Si era raccolta i capelli, e questo la faceva sembrare un po’ più grande della sua età. Guardò Ron, che stava anche lui fissando la sorella con una strana espressione sul volto.
“Sei pronta?” Harry si era alzato. Susan annuì e lo raggiunse, un po’ preoccupata del suo aspetto ma tutto sommato felice. Hermione li osservò mentre scomparivano tra le altre coppie danzanti.
Anche Ron li osservava. Sembrava che osservasse tutto e tutti, ad eccezione di lei.
Hermione sorseggiava il suo succo di zucca, anche se non aveva sete. Poi lo posò e si pulì la bocca col tovagliolo. Lo ripiegò con estrema accuratezza. Non c’era niente da fare. O da dire. O meglio: c’era qualcosa da dire, ma stava a Ron dirlo. Giocherellò col tovagliolo il più a lungo possibile, evitando il suo sguardo.
Quando lui si schiarì la gola, Hermione lo guardò.
Ron era lì, dall’altra parte del tavolo, che le tendeva la mano. Borbottò qualcosa che Hermione non capì molto bene, ma non importava. Il punto era chiaro.
Hermione passò attorno al tavolo e gli prese la mano. Per la prima volta, dopo una settimana, gli teneva di nuovo la mano. La prima volta dopo… tutto quello che era successo. Lei e Ron avevano passato tutta la settimana evitando i rispettivi sguardi, fingendo nervosamente che non fosse accaduto nulla di speciale – di certo non si erano toccati. Ma ora la sua mano era stretta in quella di Ron, davanti a tutti. Lanciò uno sguardo in direzione di Harry, che grazie al cielo non li stava guardando. Sentì che stava arrossendo, e pensò per la cinquemillesima volta che non era giusto – che dal momento che lei e Ron ne avevano passate così tante insieme, le cose non avrebbero dovuto essere così orribilmente imbarazzanti. Ma lo erano, e non c’era nessun incantesimo da fare per rendere le cose differenti.
Ron la portò in mezzo alle altre coppie, che si stavano muovendo lentamente – molti di loro però erano parecchio distanti l’uno dall’altra. Hermione vide una ragazza danzare talmente staccata dal suo partner che riusciva appena a toccargli la spalla con le dita. Sperò che Ron non volesse stare così lontano da lei.
Lui si girò a guardarla. Inspirò rumorosamente. Hermione si chiese se lui avesse la minima idea di cosa stava facendo o se per caso dovesse fare lei la prima mossa e mostrargli cosa fare – dopo tutto, lui non aveva ballato nemmeno una canzone al ballo dell’anno precedente.
Rimase di sasso, perciò, quando una mano di Ron si posò sulla sua schiena e l’altra le afferrò la destra. Istintivamente, lei gli posò la sinistra sulla spalla. Ed ecco che stavano danzando.
Tutto ciò che poteva fare era sforzarsi di guardarlo in faccia. Ma anche così, riusciva a sostenere il suo sguardo soltanto per pochi secondi, prima di tornare a guardare in basso. Si sentiva avvampare. E anche lui era decisamente rosso. Era terribile. E meraviglioso. Alla sua destra, Hermione poteva vedere Ginny che ballava con Colin. Sembrava un partner molto meno doloroso di Neville, l’anno prima.
“Non sapevo che conoscessi Susan Bones.”
Hermione guardò in su, sorpresa. Non si aspettava che Ron potesse ballare e parlare allo stesso tempo.
“Ehm, sì. Diciamo che mi ha aiutato un po’ con il C.R.E.P.A. all’inizio dell’anno,” gli rispose, aspettandosi stancamente qualche commento sarcastico di Ron sulla sua organizzazione in protezione degli elfi domestici.
Ma anche se la sua bocca sembrava un po’ tirata, Ron annuì semplicemente. “Oh,” disse.
Lei lo osservò sospettosa. Non era da lui lasciarsi sfuggire l’occasione di prendere in giro il C.R.E.P.A.
“A proposito, sono sempre tesoriere?”
Hermione ridacchiò. “Certo che sì.”
“Allora avrò bisogno di un’altra spilla. L’ho persa.” La stava guidando intorno ad altre coppie, con un’espressione molto concentrata in viso.
“Oh, non farò altre spille finché non deciderò per un nome definitivo,” disse Hermione, sorpresa che lui le stesse parlando di questo argomento e felice che ci fosse effettivamente qualcosa di cui parlare. Doveva parlare di qualcosa.
“Un nome? Ma non è cre – C.R.E.P.A.?” si corresse velocemente Ron.
Hermione strinse le labbra. Non era sicura di voler parlare di questo proprio con lui. Ma in fondo, non poteva fare alcun male. “In realtà pensavo di cambiarlo, magari in Fronte di Liberazione degli Elfi. F.L.E.”
Ron aggrottò le sopracciglia. “Mi sembra di averlo già sentito, però,” disse, guidandola ancora in cerchi attraverso la pista. “Sicura che non c’è già qualcosa con quel nome?”
Decisa a non dire a Ron che il nome gli era familiare perché lui stesso glielo aveva suggerito, Hermione alzò le spalle. “Non ce l’ha nessuno, quel nome, e mi piace l’acronimo,” rispose. “E poi sta meglio, sulle spille.”
Ron emise un suono sommesso che poteva essere una risatina, ma non disse altro. Spostò la sua mano più in basso, sulla schiena di lei, e Hermione si decise a stringerlo un po’ di più. Aveva un buon odore – diverso dal solito. Magari si era messo un qualche profumo – di sicuro lei non riusciva ad immaginarsi Ron che si preoccupava di cose del genere, ma del resto non c’era altra spiegazione. Quest’idea la rese un po’ nervosa. Ma ne era anche lusingata.
Non poteva vedere bene al di là delle sue spalle, ma tentava di distinguere Harry, che stava ballando senza fare nessuna conversazione. Sembrava un po’ abbattuto. Hermione si chiese se stava pensando al Ballo del Ceppo dell’anno precedente ed agli eventi che lo avevano immediatamente seguito. Sperò di no.
Sospirando, rivolse lo sguardo verso Ron, intenzionata a chiedergli se lui e Harry avevano parlato di queste cose ultimamente. Ma la domanda le morì in gola. Non riusciva nemmeno ad incontrare lo sguardo di Ron. Anche se lui la stava guardando, di sicuro non la guardava in faccia. La bocca di Hermione si aprì in una smorfia di indignazione: si divincolò dalla stretta di Ron, incerta su cosa dire.
Ron sbattè gli occhi un paio di volte e cominciò a realizzare dove stava guardando. Arrossì ancora di più, alzò gli occhi (ma senza incontrare i suoi per nemmeno un istante) e si concentrò su un punto al di sopra della testa di Hermione.
“Bel vestito,” azzardò, con voce roca.
Troppo imbarazzata per fargli qualche tipo di scenata, Hermione attese la fine della musica e gli applausi, poi si girò senza una parola e si diresse al bagno delle ragazze.
*
“Oh, no.” Ron tornò al tavolo borbottando, incapace di credere quello che aveva appena fatto. Non che fosse colpa sua – se lei indossava vestiti di quel genere, dove avrebbe dovuto guardare lui? Visto che era così furba, avrebbe dovuto pensarci prima. Eppure l’aveva colto in fallo, su questo non c’era dubbio. Era mortificato. “Oh no. No, no. No, no, no, no –”
“Che succede?” Era Ginny, sorridente – aveva l’aria di chi si stava divertendo un mondo. “Colin è andato a prendere da bere… Hermione dov’è?”
“Stai zitta.”
Ginny rimase a bocca aperta, offesa. “Ma che ho detto?”
“Dov’è Harry?” Ron guardava qua e là nella Sala Grande, in preda al panico.
“E io come posso saperlo?” Ginny incrociò le braccia. “Qual è il problema?”
“Non sono fatti tuoi.”
Ginny lo guardò malissimo. “Dio, non so come fai ad avere successo con le ragazze,” esclamò. “Se torna Colin, digli che sono in bagno.”
Ron si lasciò cadere sulla sedia, e non si rasserenò nemmeno quando Harry lo raggiunse e si sedette vicino a lui. Aprì la bocca per liberarsi del peso che aveva sul cuore, ma la richiuse immediatamente, realizzando che questo non era proprio il tipo di problema per cui confidarsi con Harry. Non c’era altro da fare che restare seduto, subire l’umiliazione e sperare che Hermione non fosse già nel dormitorio femminile, addormentata.
“Dove l’hai lasciata?” chiese Ron a Harry, cupo.
Harry si guardò intorno. “Susan sta parlando con Colin di fotografia, o qualcosa del genere.” Spiò Ron per qualche secondo. “È successo qualcosa? Dov’è Hermione?”
Ron scosse il capo. “Se la vedi, dille solo che sono fuori, ok? Ho caldo.” Prese una tazza di punch e uscì nella fredda aria invernale del roseto, senza nemmeno notare le luci fatate. Si sedette lì, pensando che con ogni probabilià per lui la serata era finita. Non riusciva ad immaginare di poter tornare dentro. E dubitava fortemente che Hermione sarebbe uscita a cercarlo.
*
“Ah, sei qua.” Ginny fece irruzione nel bagno con una faccia che non prometteva nulla di buono. “Ho chiesto a Ron dov’eri andata, ma non mi ha voluto dire niente.”
Hermione si girò immediatamente verso l’amica. “Non lo sa, dove sono. Non gliel’ho detto. Ginny, lui…” Si interruppe. Ginny la guardava con aria incuriosita, ma Hermione non aveva idea di quanto in là si poteva spingere con lei. La situazione era già delicata – lo diventava ancora di più, considerato che stava parlando con la sorella di Ron. “È stato molto sgarbato,” tagliò corto. Si aggiustò il vestito sul seno, chiedendosi come avesse mai potuto accettare anche solo di provarlo. “Sai per caso qualche incantesimo per alzare un po’ la scollatura?” domandò.
Ginny la guardò divertita. “No, perché?” chiese. Ma dopo un’altra occhiata al vestito di Hermione fu facile per lei fare due più due. “Ohh…” Fece una smorfia di comprensione. “Hermione…”
Hermione scosse la testa. “No, non dire nulla,” disse in fretta, sapendo che parlarne sarebbe servito solo a rendere la cosa più reale, e più orribile. “Va bene così.”
“Stai molto bene,” disse Ginny esitante, “…magari era solo un complimento?”
“No.”
“Vuoi che vada su a prenderti un maglione?”
“No!” Hermione arrossì di nuovo. “È così evidente?’
Ginny si avvicinò all’amica finché i loro due volti non furono riflessi, fianco a fianco, nello specchio. Fece segno di no con la testa. “Non c’è niente che non va,” disse, e si vedeva che lo pensava veramente. “Sembri uscita da un quadro. E poi pensaci – credi veramente che mia madre avrebbe scelto questo abito per te se avesse avuto il minimo sospetto che poteva sembrare indecente?”
Hermione soppesò il pensiero per qualche istante, e fu in qualche modo rasserenata dall’ovvia risposta. Di certo la signora Weasley non le avrebbe mai consigliato di acquistare qualcosa di scandaloso. Nonostante ciò, guardava ancora Ginny con aria implorante. Non sapeva cosa l’amica avrebbe potuto dire per farla stare meglio, ma voleva che dicesse qualcosa.
Ginny sospirò. “Okay, non starebbe a me dirti questo.”
“Ma?” chiese speranzosa Hermione.
“Ma dovresti tornare fuori. A Ron piaci veramente.”
Hermione non si aspettava un commento così diretto. Si guardò le mani, provando un brivido caldo a sentire che i suoi sospetti erano confermati da qualcuno che sapeva. Non riusciva a guardare Ginny in faccia. Sicuramente era sincera – dentro di sé sapeva che Ginny stava dicendo la verità – ma era difficile da credere. Aprì la bocca per protestare.
“No, davvero,” la rassicurò Ginny. “Una volta, l’estate scorsa, ha chiuso Leo in casa per una settimana perché aveva rovinato una tua lettera col becco, e alcune parole non si leggevano.”
Hermione non potè fare a meno di ridacchiare. “Non è vero.”
“Oh, sì. Ed era ancora più preoccupato per te che sei nata babbana che per Harry,” continuò Ginny. “Andava in giro per casa così – ” Abbassò il tono e fece un’ottima imitazione di Ron. “Harry sta da quei Dursley e ha una specie di antica protezione, ma Hermione è dai suoi e che cos’ha per proteggerla?”
Hermione alzò la testa: queste parole riportate da Ginny le avevano fermato il cuore per un attimo. “Ha detto così?” chiese piano, mentre il suo stomaco ritornava al suo posto. Adesso aveva di nuovo tutto il suo coraggio – non c’era più rabbia, solo una sensazione deliziosa, come di qualcosa che vibrasse nel suo ventre.
Ginny annuì. “Lo so che è uno stupido, ma ballaci insieme lo stesso. Vuoi? Almeno così non dovrò parlargli…” disse sorridendo.
Hermione sorrise anche lei, rassicurata e desiderosa di offrire a Ginny lo stesso tipo di aiuto che aveva ricevuto. “Spero che ballerai con Harry,” disse onestamente, desiderando che ci fosse qualcosa di più da dire all’amica.
“Comunque, mi sto divertendo con Colin.” Ginny disse in tono pratico. “È abbastanza bravo. Ci vediamo fuori.” E si infilò in uno dei bagni.
Hermione controllò ancora una volta la sua scollatura e decise di non pensarci più – non importava dove Ron avrebbe guardato. Ingoiò il suo punch, si aggiustò le spalline e uscì dal bagno per cercarlo.
*
“È già tornata su, eh?” Fred spuntò nel roseto con un’espressione maligna in viso. “Non per nulla è la prima della classe.”
Ron giocherellava cupamente con un rametto che aveva appena staccato da uno dei cespugli incantati. Aveva già fatto a pezzi tre rose e adesso era impegnato a pulirlo dalla corteccia e dalle spine con le dita intirizzite dal freddo. Non era dell’umore di rispondere a Fred.
“Sul serio, Ron,” continuò Fred, che non sembrava serio per niente. “Cosa le hai fatto?”
“Senti, fatti un giro, ok?” ringhiò Ron. Era già abbastanza dura senza dover essere preso in giro da Fred. Fece un gesto indicando i cespugli di rose attorno a loro, che fremevano per via dell’attività delle fate e delle coppie di studenti che vi avevano trovato rifugio. “Perché tu e la tua ragazza non vi trovate un cespuglio e vi togliete dai piedi?”
Fred sembrò voler ribattere, poi si fermò, alzò un sopracciglio e guardò qualcosa che si trovava alle spalle di Ron.
“Ehm… Ron?”
Scattò in piedi prima di avere il tempo per pensare. Era la voce di Hermione. Si girò e vide che si era avvicinata alla panchina da dietro e stava lì, con gli occhi fissi su di lui e le mani che si torcevano. I suoi capelli erano ancora raccolti, e aveva ancora il suo vestito. Non se n’era andata. C’era ancora speranza. Ron lasciò cadere il suo rametto scorticato.
Lei lo guardò nervosamente, poi spostò lo sguardo dietro di lui. “Ciao, Fred,” disse, agitando la mano, prima di ritornare a fissare Ron. “Vuoi ancora,” cominciò – poi guardò imbarazzata verso Fred e abbassò la voce. “Vuoi ancora… ballare con me?”
A Ron sembrava che gli occhi gli uscissero dalle orbite. Era già difficile credere che lei fosse venuta a cercarlo. Non era possibile che gli stesse chiedendo anche se voleva continuare a ballare con lei. E che lo avesse chiesto davanti a Fred… beh, era la cosa migliore che avesse potuto fare.
Sentendosi un po’ più sicuro di sé, Ron si guardò alle spalle. “Scusaci,” disse con aria di importanza a Fred, che sembrava un po’ sorpreso dal corso degli eventi. Ma Ron non si concentrò a lungo su Fred. Si rivolse subito ad Hermione e annuì, timoroso che lei postesse revocare l’offerta. “Certo,” disse, offrendole la mano. “Torniamo dentro.”
Hermione annuì anche lei e gli diede la mano, ma rimase ferma dov’era. “In effetti,” disse guardandosi intorno, “ti spiacerebbe stare qui fuori ancora per qualche minuto? Si sta bene, e io sono un po’ accaldata.”
Ron sentì Fred schiarirsi la gola deliberatamente dietro di lui e seppe con certezza che se fosse rimasto nel roseto con Hermione adesso, sarebbe stato spietatamente preso in giro nei giorni a venire. Ma non gli importava.
“Certo, restiamo qua,” disse, dandosi un tono casuale, e fu sollevato nel sentire i passi di Fred allontanarsi in direzione della Sala Grande. “Ti vuoi sedere?”
Hermione sorrise. “Grazie, sto bene così.”
La mano di Hermione era ancora nella sua e Ron la sava stringendo, pensando a come tutto era cominciato, la settimana prima. Le aveva tenuto la mano per un’ora, nella tempesta di neve, prima che succedesse qualcos’altro. Non che le cose accadute nella capanna di Hagrid quella notte potessero ripetersi anche oggi – non c’era un posto appartato dove andare. Eppure… Ron si mordicchiò il labbro guardandola.
La musica, dentro, ricominciò. C’erano stati diversi pezzi veloci mentre Ron era seduto in giardino, ma adesso la band stava ricominciando con i lenti. Guardò Hermione di sottecchi. Lei stava osservando le fate nei cespugli.
Ron raccolse tutto il suo coraggio e le strinse la mano un po’ di più. “Balli?” riuscì a dire.
Hermione guardò le loro mani, apparentemente stupita che fossero ancora intrecciate insieme. “Okay,” rispose lentamente, guardandosi intorno. “Vuoi che andiamo dentro?”
Ron alzò le spalle. Gli piaceva stare lì fuori con lei. In qualche modo era meno imbarazzante che stare dentro, con tutta quella gente. Dentro, si sentiva osservato dai suoi fratelli, da Ginny, e da Harry. Fuori era buio, fresco e calmo. “Non so,” rispose, strisciando un piede sul sentiero di ghiaia. “La musica si sente bene anche da qua fuori, no?”
Hermione spostò il peso da un piede all’altro – anche lei era un po’ nervosa. “Sì, la sento bene anche da qua,” disse, e si avvicinò a lui.
Ron le posò la mano su un fianco, e la portò vicino a lui – non così vicino da colmare interamente lo spazio tra loro, ma molto più vicina di quanto avesse osato tenerla durante il ballo, dentro. Poteva sentire il fruscio del suo vestito su di lui, e tentò di non guardare in basso, verso la parte di lei che lo stava toccando. Sapeva bene che si sarebbe messo nei guai. Invece, si concentrò sulla sommità dalla sua testa, che sembrava molto diversa dal solito. Era liscia, e tutti i riccioli erano raccolti in quello che sembrava un nodo molto complicato. Era ancora più bella di come si era presentata al Ballo del Ceppo l’anno prima, e Ron sentì un’ondata irrazionale di trionfo.
Hermione guardò in su e incontrò il suo sguardo. “Mi piace il tuo abito,” gli disse. “Ti sta bene.” Poi distolse lo sguardo.
Ron sentì che il suo cuore batteva in modo strano. Le sue orecchie si stavano surriscaldando. “Grazie,” bofonchiò, e la strinse più vicino a sé durante un giro di danza. “Me lo hanno regalato i gemelli stamattina, per Natale.”
Hermione lo guardò di nuovo, un espressione di stupore sul suo viso. “Te lo hanno regalato Fred e George?” Guardò le spalle dell’abito, poi di nuovo Ron. “Ma è bellissimo, Ron. Come hanno fatto a permetterselo?”
Ron alzò le spalle. “Vendendo quei Tiri Vispi, secondo me. Più che altro mi sorprende che si siano ricordati, ma mi sa che gli affari vanno anche meglio di quanto loro non dicano.”
Hermione sembrò dubbiosa per un attimo, ma disse solo, “Sono stati molto carini.”
“Non preferisci l’abito vecchio allora?” chiese Ron in tono scherzoso, anche se era molto felice di poter danzare con Hermione vestito così e non con un abito di velluto marrone scolorito e coi polsini di pizzo – l’abito che aveva temuto di dover indossare fino a quella mattina.
“Beh, no,” ammise Hermione. “E dove hai imparato a ballare?” gli domandò mentre lui la guidava verso la porta, più vicino alla musica. Arrossì un poco dopo aver posto la domanda, come se non avesse voluto dire quelle parole ad alta voce.
Ma a Ron non importava. “Mamma ci ha fatto imparare tutti ,” le rispose. “Da noi era obbligatorio. Tutti quanti abbiamo preso lezioni.”
“Da chi?”
“Da mamma.” Ron mugolò al ricordo. “Almeno io mi esercitavo con Ginny. Tutti gli altri dovevano danzare tra loro e fare a turno per fingere di essere la dama. Bill e Charlie – ma questo molto prima che io imparassi, anni fa – e poi Fred e George.”
“E Percy con chi si esercitava?” chiese Hermione incuriosita.
Ron rise. “Con la mamma. Lui le ha chiesto di essere la sua dama. Che lecchino.”
Hermione ridacchiò, ma si fece seria all’istante, guardando Ron come se si fosse dimenticata qualcosa di importante. “Hai ancora avuto notizie di Percy?” chiese con tono grave.
Lo stomaco di Ron si fece pesante. Scosse il capo. “Con papà non ci parla ancora. Penso che mamma abbia provato a farlo tornare a casa, sai, almeno per Natale – ”
“Quindi oggi era alla Tana?” disse Hermione speranzosa.
“Spero di sì,” sospirò Ron. “Ma ne dubito. Ha scritto qualcosa riguardo a quanto è impegnato col lavoro e…” Lasciò cadere il discorso – non voleva continuare. Suo fratello era sempre stato difficile da capire, ma ultimamente Ron si sentiva come se non fossero nemmeno parenti.
Hermione tirò su col naso. All’improvviso, Ron sentì l’inaspettata pressione della sua testa sulla sua spalla. Senza riflettere, la strinse a sé e – sorprendentemente – lei si appoggiò proprio attaccata a lui. Lasciò la sua mano e gli cinse il collo con entrambe le braccia.
Ron posò la guancia sulla testa di lei, dimenticandosi quasi del tutto di ondeggiare a tempo di musica. Perché stava facendo così? Non lo sapeva. Lui lo sperava… ma fino alla settimana prima non avrebbe mai pensato… e anche dopo, aveva passato tutta la settimana chiedendosi se non fosse stato tutto quanto parte di una meravigliosa fantasia. Si teneva ai suoi fianchi con entrambe le mani – apriva le dita e sentiva il materiale setoso del suo vestito. Sentiva il suo petto alzarsi e abbassarsi contro di lui, e il calore del suo respiro attraverso l’abito quando sospirava.
Lentamente, la guidò in un giro, più abbracciandola che danzando. Inspirò e assaporò l’odore dei capelli di Hermione. Era buono. Di solito non riusciva a starle tanto vicino da accorgersene. Sentì un bisogno folle di baciarla, ma non sapeva come avrebbe reagito lei – e poi non voleva certo fare un tentativo in pubblico. Anche se sembrava che fossero gli unici nel giardino, non erano certamente soli. Da tutti i cespugli provenivano dei fruscii. Il suono di sussurri e di movimenti goffi riempiva l’oscurità, e anche se Ron avrebbe voluto con tutto sé stesso sussurrare e muoversi in quel modo con Hermione, non era questo il posto dove voleva farlo.
La musica finì. Ci fu qualche applauso da dentro, e poi riattaccò una musica ritmata. Ma anche se avevamo smesso di ballare, Hermione non aveva ancora lasciato andare il suo collo, e nemmeno Ron voleva lasciarle i fianchi. Rimasero così per un lungo momento, attaccati l’uno all’altra, fino a che un rumore di esplosione e uno strillo proveniente da un cespuglio lì vicino li fece sobbalzare. Poco lontano, sul sentiero, una voce furiosa stava distribuendo punizioni. La voce inconfondibile di Piton.
Hermione guardò Ron, con le guance arrossate. “Rientriamo?” gli chiese senza fiato.
Ron non ne aveva voglia. Ma non era il caso di restare fuori e farsi trovare da Piton. “Certo,” disse, e la seguì all’interno, sperando di trovare i modo di stare anche un minuto solo con lei – completamente solo con lei – prima che la serata finisse.
*
Hermione si stava scervellando mentre accompagnava Ron attraverso la pista per andare a prendere da bere. Le soluzioni per i problemi logici e le equazioni di Aritmanzia le aveva sempre pronte, ma non aveva la minima idea di come avrebbe potuto restare sola con Ron, stanotte, e in questo momento avrebbe rinunciato a tutti i suoi voti più alti per una risposta a quel semplice problema. Per quanto, anche se fossero rimasti soli, non era proprio sicura di cosa avrebbe fatto. Almeno avrebbe potuto abbracciarlo più a lungo.
Era ridicolo – si sentiva febbricitante. Stare fuori, al freddo, abbracciata a Ron, aveva sciolto la sua razionalità. Lui era caldo, solido, e riusciva ancora a sentire il battito del suo cuore nell’orecchio. Ron le offrì una tazza di punch sfiorandole le dita, e i loro occhi si incontrarono.
“Grazie,” balbettò Hermione – ormai non poteva più fare affidamento sulla sua voce normale.
“Prego,” disse Ron. Aveva una voce così profonda, da quando aveva iniziato a cambiarla. E quell’abito lo faceva sembrare così alto e grande. Anche le sue mani erano grandi; le sentiva ancora dove si erano posate, sulla sua schiena. E aveva così tanti problemi – Hermione si sentì inopportuna per aver tirato fuori l’argomento Percy, e avrebbe voluto far qualcosa per cancellare l’errore. Ad esempio baciarlo.
Hermione tentò di scacciare il pensiero. Bevve metà del suo punch in un sorso, e ottenne solo di sentirsi più calda e più confusa. Bevve il resto, sperando che potesse calmarla un po’, e guardò Ron, che annusava il suo punch col viso oscurato.
“Cosa?” chiese Hermione.
“Eh?” Ron abbassò la tazza. “Oh, niente.” Sorrise, e bevve il suo punch. “Buono, vero? Ne vuoi un altro?”
“Okay.” Hermione sorrise, e allungò una mano attraverso il tavolo. Era così carino, a volte. Lui le passò un altro punch e ne prese uno anche per sé.
“Dai,” le disse, dopo che entrambi ebbero finito di bere. La band stava suonando un altro pezzo veloce. “Mi piace, questa.”
Accaldata e lievemente barcollante, Hermione si unì a Ron sulla pista da ballo. Alla sua destra c’era Ginny, che adesso ballava con un ragazzo del quarto anno di Corvonero.
“E Colin?” Hermione le chiese, sovrastando la musica. Ginny indicò un punto della sala, dove Colin e Susan Bones stavano ballando. Hermione alzò le sopracciglia e Ginny fece lo stesso. Scoppiarono entrambe a ridere, e poi riportarono l’attenzione sui loro compagni.
Ron era davvero un buon ballerino, considerò Hermione guardandolo muoversi. E non sembrava nemmeno prestare troppa attenzione ai suoi passi. Dall’altra parte della pista, Fred and Angelina stavano mettendo in atto la loro solita routine annuale di spaventare gli altri studenti e farli fuggire dalla sala, e Hermione ringraziò Ron in silenzio per non essere quel tipo di persona.
“Anche quello glielo ha insegnato tua mamma?” rise Hermione, coprendo il rumore. Indicò Fred.
Ron fece una smorfia. “No, lo fa nel modo sbagliato, guarda, è così – ”
Prima che Hermione potesse anche solo pensare di protestare, Ron le afferrò la mano e la fece roteare sotto il suo braccio. Lei strillò, inciampò, e si tenne ai polsi di Ron. “Mi gira la testa!” esclamò. E le girava sul serio. Non aveva idea che si potesse ballare in quel modo; non aveva mai imparato.
“Vuoi sederti?” chiese Ron ad alta voce.
Hermione stava per dire di sì, quando la musica cambiò di nuovo. Un altro lento riempì la Sala Grande. Si fece aria con la mano per un momento, poi lanciò un’occhiata a Ron.
“Vado a prendermi un altro punch,” le disse Ginny all’orecchio, con un risolino. “Divertiti, ci vediamo dopo.” E si diresse al tavolo delle bevande.
Ron non le chiese di ballare, stavolta. La studiò per qualche istante, poi si avvicinò senza dire nulla e la afferrò alla vita. Hermione, presa da brividi come ondate di shock, allungò le braccia attorno al suo collo. Si rese conto del suo atteggiamento solo quando Fred, allungato oltre la spalla di Angelina, iniziò a fare smorfie e lanciare baci verso di loro.
Arrossendo, Hermione spostò lo sguardo dall’altro lato, ma non era certo meglio. Calì li stava osservando mentre ballavano, e le sue sopracciglia erano inarcate in modo inequivocabile.
Sembrava che non ci fosse un posto sicuro dove guardare, a parte in alto. Hermione alzò la testa e sostenne coraggiosamente lo sguardo di Ron. Era uno sguardo incredibilmente serio, e la sua espressione fece sentire Hermione al sicuro. E persa, nello stesso tempo. Lo guardò negli occhi finché poté sostenere quello sguardo, poi ritornò a fissare il suo collo. Ron inspirò rumorosamente e guardò oltre la testa di Hermione.
“Cavolo,” disse a mezza voce.
“Cosa?” Hermione si raddrizzò, chiedendosi se quella esclamazione aveva qualcosa a che fare con lei. Spostò una mano dal suo collo e si toccò nervosamente i capelli.
“No, no, laggiù. Al tavolo del punch,” sussurrò Ron, girando in tondo in modo che entrambi potessero vedere.
Hermione vide. I suoi occhi si spalancarono dall’incredulità. “Per caso l’ha…?” chiese debolmente.
“Per forza,” rispose Ron, con un tono ugualmente sbalordito.
Harry teneva Ginny per mano, e la stava portando sulla pista da ballo. In un attimo, le mise una mano dietro la schiena, intrecciò le dita dell’altra mano con quelle di lei e iniziò a ballare. Aprì la bocca e disse qualcosa. Ginny rise e rispose, facendo ridere anche Harry.
Hermione guardò Ron, la bocca spalancata, certa che anche lui fosse stupito quanto lei da come si stavano mettendo le cose. Ma prima che lei potesse dire qualsiasi cosa su Harry, gli occhi di Ron si posarono sulle sue labbra dischiuse, dove indugiò per qualche secondo di troppo, prima di distogliere lo sguardo.
“Ginny sarà contenta,” mormorò, arrossendo.
Ma Hermione non stava ascoltando. Si era completamente dimenticata di Ginny. Il sangue le pulsava nelle orecchie, per il modo in cui Ron l’aveva appena guardata.
E all’improvviso, ebbe un’idea.
*
“Ron?”
Ron guardò Hermione in faccia. Anche se irradiava calore e il suo respiro era un po’ affannato, il tono e l’espressione erano improvvisamente diventati molto professionali. “Sì?” rispose stancamente.
“Devo andare a controllare la torre di Grifondoro.”
Ron spostò le mani sulla sua schiena, non capendo bene di cosa stesse parlando. “Perché?” chiese, scuro in volto.
“Perché…” Fece una pausa, come per cercare le parole. “Noi due non possiamo allontanarci per tutto questo tempo, no? Almeno uno di noi dovrebbe essere in servizio, in caso succeda qualcosa.”
“Eh?” Ron le fece fare una giravolta. “La McGranitt ha detto che le mansioni dei prefetti sono sospese fino a– ” Si fermò. Hermione lo fissava con intenzione. E ad un tratto, capì quello che lei stava cercando di fare. “Sai, hai ragione,” ammise fin troppo velocemente. “Non si sa mai – meglio assicurarsi che nessuno stia distruggendo la sala comune, o cosa.”
“Io vado.” Hermione gli tolse le braccia dal collo e si girò per andarsene. “Torno subito .”
“Ehm – vuoi una mano?” chiese Ron impacciato, pregando che dicesse di sì.
Hermione annuì continuando a camminare. “Se ti va,” disse.
Ron la seguì oltre la pista da ballo, incapace di credere alla propria fortuna. Non c’erano studenti nella torre di Grifondoro, e Hermione lo sapeva bene quanto lui. I più giovani erano tutti a casa per le vacanze, e i più anziani erano tutti al ballo – nessuno sarebbe tornato prima delle dieci. Stava facendo intenzionatamente una cosa inutile. E siccome Hermione non faceva mai cose stupide, Ron concluse che in effetti si stava comportando in modo dannatamente furbo.
Passarono accanto a Harry e Ginny, che stavano ancora ballando. Ron li guardò brevemente. Di norma, avrebbe rallentato il passo per lanciare a Harry un paio di occhiate cariche di significato, ma stavolta non era il caso. Praticamente corse fuori dalla Sala Grande, seguendo Hermione. Svoltarono a passo di marcia nel corridoio, incrociando George, che tornava in quel momento dal bagno.
“E voi due dove state andando?” chiese dolcemente.
“Mansioni prefettizie,” disse Ron brusco, offrendo il braccio a Hermione e superando il fratello con un atteggiamento pomposo il più simile possibile a quello di Percy. Sentì che Hermione soffocava una risata mentre lo prendeva sottobraccio e aumentava la velocità per tenere il passo.
“Se avessi saputo che le mansioni erano queste,” gli gridò dietro George, “Non avrei mai rifiutato il posto!”
Hermione arrossì di colpo. Ron tenne il suo braccio un po’ più stretto.
Girarono l’angolo e salirono le scale della torre – entrambi scoppiavano a ridere a turno, per nessun motivo apparente. Ron guardò Hermione di nascosto diverse volte. Respirava in modo decisamente affannoso. Lo si intuiva soprattutto dalla scollatura, che si alzava e si abbassava ad ogni scalino che saliva. Sapeva che non avrebbe dovuto guardare, ma più diceva ai suoi occhi di non andare in quella direzione, più loro ne sembravano attirati. E per fortuna, questa volta Hermione non si era accorta di nulla.
Raggiunsero l’ingresso a tempo di record.
“Vischio!” scandì Hermione, rivolta alla Signora Grassa.
La Signora Grassa guardò Hermione e praticamente iniziò a tubare. “Oh, Vic,” disse materna, dividendo una bottiglietta di liquore al cioccolato con la sua amica dell’altro ritratto, e indicando le braccia intrecciate di Ron e Hermione. “Guarda qua. Un bel cambiamento dall’anno scorso, eh?”
Ron e Hermione arrossirono insieme, e Hermione lasciò andare di colpo il braccio di Ron.
“Oh, ma lasciali entrare,” sussurrò Vic. “Sei veramente perfida, usare ‘vischio’ come parola d’ordine…”
La Signora Grassa fece un risolino infantile, lanciò un’occhiata a Vic, poi si aprì a rivelare la sala comune di Grifondoro.
Ron avanzò per scavalcare la soglia, poi si ricordò qualcosa e fece un passo indietro. Offrì la mano a Hermione.
“Oh!” Lei gli sorrise, prese la sua mano e fece del suo meglio per entrare nel buco dietro la porta con l’abito da sera che la intralciava. Dovette sollevarlo un bel po’ per passare, e Ron non potè fare a meno di fissarle i piedi le la pelle bianca delle gambe. Il cuore cominciò a battergli all’impazzata. Sono solo gambe, si diceva tra sé esasperato. Anche lui aveva un paio di gambe, e comunque era certo di aver già visto le gambe di Hermione in estate. Ma per qualche ragione, l’apparizione di quel paio di gambe lisce da sotto un vestito, era molto, molto differente.
Lei entrò, e si riaggiustò il vestito dandogli le spalle mentre lui entrava subito dopo. Il ritratto si richiuse, lasciando Ron e Hermione soli, alla luce del fuoco acceso nel camino della sala comune. La torre di Grifondoro era completamente silenziosa e assolutamente vuota.
Ron deglutì, rumorosamente. Ci siamo, pensò.
*
A Hermione non importava se era una cosa stupida. Doveva almeno fingere di essere salita per una valida ragione che non fosse quella di restare sola con Ron. Scandagliò velocemente la sala comune, col cuore che pompava molto più velocemente del normale dopo aver salito di corsa gli scalini della torre di Grifondoro.
“Beh,” disse sollevata. “Immagino che potevamo anche non venire, dopotutto. È tutto a posto.” Non riusciva a guardarlo.
“Già… sembra tutto tranquillo,” convenne Ron, dopo un momento. “Mi sa che sono tutti ancora sotto.”
Lo udì dirigersi verso il divano davanti al caminetto. Le molle cigolarono rumorosamente quando si sedette. Hermione cercava disperatamente una buona ragione per andare a sedersi accanto a lui, ma non la trovava. Si maledì per essere così stupida, e così impaurita – perché aveva bisogno di una ragione per essere qui quando avevano passato tutto il tempo a ballare abbracciati al piano di sotto? Perché adesso non riusciva a sedersi accanto a lui se lo aveva appena tenuto sottobraccio? Era Ron. Era suo amico. Avrebbe dovuto essere perfettamente a proprio agio, seduta accanto a lui. E invece, avrebbe voluto urlare dalla frustrazione.
Il silenzio si trascinava, sempre più imbarazzante. Hermione si diresse alla finestra, tanto per andare da qualche parte, e guardò giù, verso i campi innevati intorno a Hogwarts. Si sentiva veramente a disagio, e ogni suo respiro le sembrava troppo rumoroso.
“Quel vestito ti sta molto bene.”
Hermione trasalì e si voltò. Ron osservava il fuoco, e le dava le spalle. Ma le sue orecchie si erano arrossate sulla punta.
“Grazie,” riuscì a dire Hermione. Non poteva credere che lui avesse appena detto una cosa del genere. Era così sorpresa che rimase immobile a fissarlo.
“Il tessuto è un po’ – beh – sottile, no?…” continuò Ron, con un tono un po’ strano.
“Sottile?” ripetè Hermione inorridita, figurandosi d’un tratto che i suoi vestiti fossero trasparenti, oltre che sottili.
“No, voglio dire – sai,” balbettò Ron, “sei stata fuori un bel po’, senza un mantello.”
Hermione lo guardava senza capire, con i nervi a fior di pelle. Cosa stava tentando di dirle?
Sembrava che Ron stesse lottando con le parole. “Non hai – non hai freddo, o cosa?” chiese finalmente. Spostò lo sguardo da lei, al caminetto, al divano. Si schiarì la gola.
“Oh…” disse Hermione dolcemente. Le aveva appena dato una scusa perfetta per andare a sedersi accanto a lui. Si chiedeva se lo avesse fatto di proposito, o se era solo lei a interpretare le cose in questo modo. “In effetti, ho un po’ freddo,” mentì, tentando un avvicinamento al divano. Si accomodò sulla punta del sedile più lontano da lui, si allisciò il vestito sulle ginocchia e cominciò a fissare il fuoco.
“Meglio?” chiese Ron, sempre con quella voce un po’ strozzata.
“Sì,” rispose lei debolmente. Ma non era così. Il suo stomaco era contratto e non riusciva a trovare nulla da dire.
In effetti, da lì ad un attimo avrebbe potuto implodere.
*
Ron sedeva fissando il fuoco – si sforzava di trovare una strategia, ma non ci riusciva. Lei era lì – proprio lì – ma non c’era modo di toccarla senza sembrare un deficiente totale. Almeno era venuta più vicino, però, quindi forse dirle che stava bene vestita in quel modo era stata la cosa giusta da dire. Avrebbe dovuto ricordarselo in futuro.
Sedettero in silenzio per un po’. Ron si chiedeva se Hermione potesse udire il suo cuore, che stava praticamente uscendo dal petto. Era molto più facile prendere l’iniziativa nel buio della capanna di Hagrid, con un boccale di acquavite di miele in corpo. Certo, Fred probabilmente aveva “allungato” il punch giù nella sala grande, e certo, era abbastanza buio e c’era il fuoco anche qui nella sala comune – ma questa volta l’atmosfera non li aiutava per niente. Ron deglutì, e tentò di guardare Hermione senza voltare la testa in modo troppo evidente. Non è che si fosse poi seduta troppo vicino a lui, e le sue mani erano giunte in grembo. Di certo non le piaceva, altrimenti non si sarebbe seduta così dannatamente lontano.
Pensò di spostarsi, poi decise di no. Pensò di prenderle una mano, ma che sarebbe successo se lei l’avesse respinto? Tentò di convincersi che, se lo aveva tenuto così stretto a sé mentre ballavano, probabilmente non avrebbe avuto nulla in contrario se lui avesse tentato di farlo ancora – ma gli mancava il coraggio. Si maledì mentalmente e si chiese se gli altri suoi fratelli fossero mai stati così spaventati di una ragazza. Ma sapeva che la risposta era no. Persino Percy si era fatto una ragazza. E non riusciva a capire perché dovesse essere così spaventato da Hermione, in fondo l’aveva già baciata – era da stupidi.
Hermione si assestò sul divano e si mise più comoda sul cuscino. Ron non era sicuro: se lo era immaginato o nello stesso tempo si era anche avvicinata a lui? Le sue guance erano arrossate – ma questo poteva essere solo l’effetto del fuoco – e con la coda dell’occhio Ron la osservava mentre lei si mordicchiava il labbro inferiore.
Doveva baciarla.
Adesso.
“Mi sono divertita,” disse lei improvvisamente, con un tono troppo diverso dal solito. La sua voce era strana, troppo casuale. “E tu?”
“Sì.” Ron usò la risposta come una scusa per girarsi verso di lei – in tal modo riuscì ad avvicinarsi di qualche altro centimetro. Riuscì anche a stiracchiarsi e ad appoggiare in modo fintamente casuale il suo braccio sullo schienale del divano, dietro di lei. “Quest’anno è stato molto più bello .” Sapeva a malapena quello che stava dicendo.
“Già.” Hermione lo guardò per un momento. “Molto più bello.” Ritornò a guardare il fuoco, e con le mani giocherellava col tessuto del suo vestito. Stava iniziando di nuovo a respirare forte, e Ron non riusciva a fare a meno di guardarle la scollatura.
E poi capì. Realizzò quello che lei aveva appena detto.
“Ti… ti sei divertita di più quest’anno?” La voce gli mancò per un attimo, e arrossì. Si sentiva un idiota per averlo chiesto ad alta voce, ma doveva saperlo. Hermione che usciva con Viktor Krum era una cosa che lo aveva tormentato per dodici lunghi mesi.
Hermione si leccò le labbra velocemente, come se improvvisamente fossero diventate molto secche, poi si girò verso Ron senza guardarlo negli occhi. “Sì, è così,” disse, molto piano.
Il cuore di Ron fece un balzo. Ma annuì semplicemente, per dare l’idea di una sicurezza di sé che non aveva. “Bene, sono contento,” disse, sperando che il suo tono suonasse normale. Osò spostarsi più vicino a lei, e sentì la sua gamba toccare quella di lei – aveva le labbra umide, sapeva che non avrebbe dovuto fissarle, ma non riusciva a farne a meno. “Che facciamo adesso?” borbottò.
“Oh,” disse Hermione, sempre con quello strano tono leggero e acuto, “Non saprei. Beh… possiamo sempre… giocare a scacchi, o cosa?”
“Eh?” Ron la guardò, confuso. “Scacchi?” Non era la risposta che aveva sperato. Decisamente non era l’attività che avrebbe scelto lui. “Che senso ha giocare a scacchi?” rise, dimenticando per un momento il suo nervosismo. “Non hai ancora capito che ti batto sempre?”
Gli occhi di Hermione si spalancarono dalla sorpresa – ovviamente non si aspettava che lui rispondesse nel suo solito modo. “Se non lo hai notato,” replicò seccamente, “ti ho quasi battuto diverse volte ormai, e poi ho fatto pratica, ma se hai paura che io vinca, non importa!”
“Paura che tu vinca?” la canzonò Ron, chinandosi su di lei e ridendole in faccia. “Oh sì, sono terrorizzato – come sono terrorizzato che gli elfi domestici scioperino per avere la mutua pagata…!”
“Insomma!” sbuffò Hermione, e lo guardò a testa alta, con aria livida. Le loro facce adesso erano molto vicine. “Ron, ne saresti molto sorpreso, stanno diventando molto indipendenti – e se avessi fatto un minimo di attenzione a quello che ti vado dicendo da due anni, sapresti che non sono elfi domestici, sono solo elfi, perché definirli domestici come se quello fosse il loro status naturale è un orribile insulto, e lo stesso è dirmi che non gioco bene a scacchi!” Ormai stava andando in iperventilazione per la fretta di dire tutto. Ron non poteva staccarle gli occhi di dosso. “So giocare benissimo! E forse non dovresti nemmeno essere il tesoriere, se non sei nemmeno capace di memorizzare una semplice informa – ”
Il comizio di Hermione finì bruscamente con uno squittìo soffocato.
Ron le prese il viso tra le mani e la baciò.
In parte, era per zittirla – avrebbe blaterato di elfi per il resto della notte se non l’avesse distratta. Ma più che altro, era perché non poteva più controllarsi. Forse lei l’avrebbe spinto via – forse lo avrebbe fermato – a Ron non importava. La stava baciando. Aveva bisogno di baciarla. Lei era folle, piena di idee, fuori di testa, troppo intelligente, totalmente pazza e irresistibilmente bella, seduta lì a urlargli contro.
Ma adesso aveva smesso di urlare. La sua bocca era morbida, come i suoni che emetteva – piccoli mugolii che alzavano la pressione di Ron. Le sue braccia gli cinsero la schiena, e le sue mani gli carezzavano le scapole, facendogli venire la pelle d’oca. “Ron,” tentò lei, staccandosi, “se qualcuno sale su – ”
Ron fece un verso di protesta e la baciò più profondamente di prima. Hermione smise di parlare. Insieme, caddero in una posizione a metà tra il seduto e il disteso sul divano, anche se i piedi di Hermione erano ancora a terra. Ron cercò di non schiacciarla, ma poteva fare ben poco – allungò le gambe sul divano e tentò di sollevarsi un po’ sui gomiti, studiando il viso di lei in cerca di segnali di disagio. Lei lo guardava, col fiato corto, e con un’espressione indecifrabile.
“Tutto bene?” Ron pensava fosse giusto chiederlo, ma fu subito dispiaciuto di aver parlato ad alta voce – parlare non serviva a nulla adesso. E poi gli era uscito un tono da femminuccia. Aveva ancora il suo viso tra le mani. Cominciò a muovere dolcemente i pollici avanti e indietro sulle sue guance, cercando di distrarsi dal suo stesso imbarazzo concentrandosi su quanto era soffice la sua pelle. Hermione restò ferma un momento, poi tolse le braccia dalla sua schiena. Per un attimo, Ron ebbe il terrore che lei stesse per alzarsi e distruggere quel momento prezioso – sentì una stretta allo stomaco. Era troppo bello perché potesse durare.
Ma Hermione non si rialzò. Invece, portò le mani tra i loro due corpi, le posò sul viso di Ron e imitò i suoi gesti con tocco gentile.
Ron trattenne il respiro, scioccato – i suoi capelli si stavano rizzando sulla nuca. Era al di là di ogni immaginazione, per lui, essere toccato così deliberatamente, da Hermione. Era stupefacente. Non aveva mai pensato a quanti nervi poteva avere sul volto, e si chiese se anche lui stava facendo provare a Hermione lo stesso brivido su tutta la pelle. Pensò che forse era proprio così. Il fuoco illuminava in parte i suoi occhi marroni, che apparivano caldi e confusi – esattamente come si sentiva lui. Hermione – era Hermione sotto di lui – non poteva credere che stava succedendo veramente. Lei lo guardava come se lui fosse qualcosa di più di quello che lui stesso sentiva di essere, e a un tratto Ron sentì nascere dentro di sé qualcosa di selvaggio e protettivo – qualcosa che era solo per lei. Aveva bisogno di dirle qualcosa – qualcosa di importante, e aprì la bocca per tentare. Ma era al di là delle sue possibilità. Non poteva trovare le parole. Non si fidava della sua voce.
“Cosa?” sussurrò Hermione.
Ron non rispose. Invece, inclinò la testa e le sfiorò le labbra con le sue. La udì emettere un lieve sospiro, e sentì le sue dita scivolargli tra i capelli.
E quando lei aprì la bocca di nuovo, qualche secondo dopo, non fu per ricominciare a parlare.
*
Hermione non era sicura di come avesse fatto a finire distesa sul divano, baciata nel mezzo della sala comune. Sapeva bene che se avesse avuto il suo usuale controllo, non lo avrebbe permesso, e sapeva che avrebbe dovuto alzarsi. In fretta. Probabilmente il ballo stava finendo, e allo scoccare dell’ora la gente avrebbe iniziato ad entrare dal buco dietro il ritratto. Ma non aveva il controllo. Non desiderava veramente alzarsi. Non poteva costringersi a sottrarsi alla meravigliosa pressione del corpo di Ron.
Stava ancora muovendo la bocca sulla sua, e una delle sue mani le carezzava il braccio mentre si baciavano. Hermione non aveva mai provato nulla di paragonabile alla somma di queste due sensazioni. Si chiese come facesse lui a sapere quello che stava facendo. Sperava di riuscire anche lei a fare bene quello che stava facendo. Immaginò di sì – di tanto in tanto lui la baciava più intensamente, e faceva dei mugolii che le procuravano una strana sensazione di trionfo. Avrebbe voluto che il ballo durasse fino alla settimana successiva, e che nessuno tornasse alla torre di Grifondoro per molto, molto tempo.
“Che ora è?” Doveva chiederglielo. Non era proprio il caso di farsi trovare così.
Ron staccò la bocca dalla sua per un secondo, e controllò l’orologio. “Abbiamo, tipo, un’ora,” sospirò, prima di tornare a baciarla.
“E se qualcuno torna prima?” Hermione girò la testa di lato e guardò verso il fuoco, cercando di separarsi un pochino da lui. Non era facile. Ron le baciò la guancia, per tutta risposta.
“Nessuno tornerà prima.”
“Noi l’abbiamo fatto,” insistette lei.
Udì Ron sospirare, sulla sua pelle. Non tentò di baciarla ancora, ma un attimo dopo Hermione sentì qualcosa tra i capelli.
“Come ci sei riuscita, comunque?” chiese Ron. “C’è qualcosa dentro?”
“No, lascia!” Realizzando che stava toccando il suo chignon, Hermione girò la testa, ritirò un braccio dalla schiena di Ron e spinse via la sua mano. “È fragile.”
Ron spostò la mano dalla “zona proibita” – nel movimento le sue dita le sfiorarono il lato del corpetto. Gli occhi di Hermione si spalancarono. Anche se era sicura che quel contatto era stato un incidente, aveva comunque aumentato la sua attenzione. Lo fissò da sotto in su.
“Eh già, sei fragile, tu,” mormorò Ron, scuotendo la mano colpita, e rimettendola sul braccio di lei. Sembrava non essersi accorto di averle sfiorato il seno. “Fragile come un Bolide.”
“Oh, carino,” rispose Hermione gelida. “Che modo amabile di definirmi.”
Ron la ignorò. “Sul serio, come hai fatto a farli stare così?” Le voltò la testa di lato e toccò ancora una volta i suoi capelli.
“Ti ho detto di non toccarli!” esclamò Hermione, tentando di liberarsi dalla sua stretta. Si sentiva insultata per essere stata paragonata ad una brutale palla da Quidditch.
“Stavo solo chiedendo!” le urlò lui di rimando, con aria ferita. “È un po’ tipo…”
“Tipo cosa?”
Ron alzò le spalle, e arrossì un poco. “È fico.”
Hermione arrossì anche lei. “Oh.” Allungò la mano per toccare i ricci sulla sua testa, dimenticando il suo precedente insulto alla luce di questo nuovo complimento. “Ehm… Me lo ha fatto Calì,” fu tutto quello che riuscì a dire.
Ron la guardò sorpreso. “Patil?”
“No, l’altra Calì.” rispose Hermione sarcastica. Poi distolse lo sguardo, pensando che forse non avrebbe dovuto dire tutta la verità. Decise comunque di rischiare. “Io… l’ho fatto fare a lei perché non so come farlo.”
Le sopracciglia di Ron si inarcarono. Fece un verso di sorpresa, ruotò gli occhi mostrando il bianco e finse un attacco di cuore. “Cosa?” disse, quando si fu ricomposto. “Scusa… Mi sa che ho capito male, mi è sembrato che dicessi che non sai fare qualcosa – puoi ripetere?” E si mise una mano a coppa sull’orecchio.
“Oh, piantala.” Hermione tentò di mettersi seduta.
“Quindi Calì sa qualcosa che tu non sai?” Ridacchiando, Ron si sollevò da lei, estraendo la bacchetta e puntandola sulla sua testa. “Non ci posso credere. Dopotutto sembra che non prenderai il massimo dei voti ai G.U.F.O.”
“Non ho tempo per questo genere di incantesimi,” sbuffò Hermione, ignara di quello che Ron stava per fare.
“Finite Incantatem!” esclamò lui.
Hermione lo fissò a bocca aperta. Non poteva credere che lo avesse fatto. Alzò la testa dal cuscino e sentì che il suo chignon perfetto si era sciolto e i capelli le ricadevano sul collo e sulle spalle. “RON!” strillò, furiosa. “PERCHÉ l’hai fatto?”
Anche Ron era rimasto a bocca aperta. Si mise subito seduto, e arretrò fino all’altro lato del divano. Sembrava indeciso tra il mettersi a ridere e il fuggire per salvarsi la vita. “No, aspetta – non ti puoi arrabbiare, non lo sapevo che era una magia – non l’ho fatto apposta – ”
“Sei ORRIBILE!” Hermione si rimise a sedere in punta al cuscino e cercò di rimediare al danno con entrambe le mani, ma era troppo tardi. Non aveva idea di che razza di incantesimo avesse usato Calì, e la massa dei suoi capelli ora poteva riempire Hogwarts. Non c’era modo di aggiustare le cose. Rinunciò, decidendo di usare le mani su Ron, invece.
“Scherzavo,” insisteva lui, rimettendosi in tasca la bacchetta e facendo un tentativo di faccia contrita, anche se si stava soffocando di risate. “Sul serio, non lo sapevo.”
“Beh, questa è una vera scemenza! Se non era fatto con la magia, come pensi che sia rimasto perfettamente a posto dopo che abbiamo…” Arrossì, e non poté continuare. “Non c’è niente da ridere,” concluse infine.
Ron alzò gli occhi al cielo. “Oh, ma dài, da quando ci tieni tanto ai tuoi capelli?”
Hermione lo fulminò con lo sguardo, realizzando tutte le implicazioni di quella frase in un colpo solo, e decidendo che erano una più orribile dell’altra. “Tu,” disse con tono gelido, “non capisci niente. Io vado a letto. Buonanotte.” Si alzò dal divano con tutta la dignità che riuscì a raccogliere, conscia del fatto che i suoi capelli dovevano essere veramente ridicoli in abbinamento al suo vestito elegante, e si diresse alle scale.
Ron la raggiunse e la fermò in pochi secondi. “Non dirai sul serio!”
“Fammi passare.” Tentò di spingerlo via, ma lui la prese per un braccio e la tenne ferma, al centro della sala comune.
“Si può sapere che hai?” esplose. “Sono solo capelli, perdio, e ti stanno meglio normali, quindi non vedo il problema!”
Hermione sbatté le palpebre. Non sapeva se restare arrabbiata o no. Ci aveva messo l’anima in quei capelli – beh, più che altro ce l’aveva messa Calì – e se Ron li preferiva così incasinati, allora tutto quel sacrificio era stato una perdita di tempo. D’altro canto… se lui li preferiva normali… voleva dire che gli erano sempre piaciuti.
“Non… non andare a dormire, stai ancora un po’.” Ron si guardava i piedi, e la sua voce aveva un tono implorante. Le teneva ancora il braccio, e la sua mano scivolò dal gomito fino ad afferrarle le dita. Fece un passo per avvicinarsi a lei.
Lei non si mosse.
“Abbiamo…” Ron guardò l’orologio mentre le orecchie gli si arrossavano. “Venti minuti prima che finisca il ballo.”
Hermione distolse lo sguardo, arrossendo all’ovvia implicazione di questa osservazione. Non è che potevano ricominciare a baciarsi così, di punto in bianco. O potevano? Funzionava così? Non lo sapeva. Le pareva che ci dovesse essere una specie di… giustificazione. Guardò Ron, ma lui stava ancora fissandosi i piedi. “Quindi…” disse con tono neutro. “Tra poco tornano tutti.”
“Sì…” rispose lui, avvicinandosi ancora di un passo.
L’atmosfera si caricò di tensione, e Hermione la percepì chiaramente, meravigliata da come le cose potessero cambiare così velocemente e radicalmente. Guardò il viso di Ron. I suoi occhi erano ancora rivolti verso il basso, mentre annullava la distanza fra loro con un altro passo, e Hermione sentì le sue mani toccarle timidamente i fianchi. Come per rispondere, lei gli cinse il collo e rimasero lì insieme, come durante un ballo lento. Hermione fissava il vestito di Ron, incerta sul da farsi. Voleva alzare la testa e chiudere gli occhi, ma qualcosa nel suo stomaco le impediva di farlo. Avevano venti minuti prima che il ballo finisse… e poi? Non osava fare domande.
Ma doveva sapere.
“Ron?” chiese dolcemente, senza staccare lo sguardo dalle sue spalle. “Che cosa… che cosa siamo adesso?” Sentì che le guance le si imporporavano, mentre pronunciava le parole. Non si era mai sentita così stupida in vita sua.
Ron fece un verso come se avesse appena ingoiato un tacchino intero, e non rispose.
Lei non riusciva a guardarlo in faccia. Si affrettò a poggiare la fronte sul suo petto, in modo da essere completamente nascosta alla vista. Si accorse di nascondersi nella stessa persona che la stava spaventando, ma non poteva farne a meno. Sentiva il suo cuore battere forte, e si sforzò di continuare, con voce appena udibile, “A Harry lo diciamo?”
Ron si mosse, a disagio, ma non spostò le mani dai fianchi di lei. Hermione pensò che questo era un buon segno. “Ehm… tu vorresti dirglielo?” mormorò.
“Sì – beh, no. Voglio dire…” Hermione non ne era sicura. “E cosa gli diciamo?” rilanciò.
“Vuoi dire a proposito di quello che abbiamo appena…” Stavolta era Ron che non riusciva a finire la frase. Rimasero lì entrambi, sempre più accaldati, finché Hermione riprese a parlare.
“Beh, in realtà dovresti parlargli tu.”
Ron arretrò un poco, e lei sentì che la stava fissando. “E perché?” domandò. “Anche tu sei sua amica.”
“Sì, ma voi siete due ragazzi.” Hermione guardò in su un po’ incerta, e vide che Ron si era rabbuiato.
“Oh, perfetto. E tu a chi lo dirai?” disse quasi urlando.
“Beh… potrei dirlo a Ginny,” si offrì Hermione.
“Oh NO, non lo FARAI!” replicò Ron, in preda al panico. All’improvviso era diventato così rosso che Hermione pensava potesse esplodergli la testa e, anche se sapeva che non era proprio il caso, si ritrovò a ridacchiare.
“Sì che lo farò,” disse solennemente. “E lo dirò anche ai gemelli.” Serrò la bocca e lottò contro il sorriso che stava per manifestarsi.
Ron la fissò inorridito, come se lei avesse appena detto che voleva farsi crescere una seconda testa. “Tu – è meglio che non –” balbettò, afferrando i suoi fianchi più forte. “Altrimenti lo dico a… Calì e Lavanda!”
“Sai quanto me ne frega!” esclamò Hermione con una smorfia.
“Ah no? Allora posso dirlo alla McGranitt?”
Hermione restò secca, e Ron ebbe un lampo di vittoria negli occhi.
“Rovinerebbe il tuo status di cocca dei professori, no?”
Hermione rialzò la testa. Stava diventando irrazionale. “Dai, Ron, diglielo. Dì al nostro capocasa che abbiamo passato mezz’ora a pomiciare sul divano della sala comune.”
Le orecchie di Ron ridiventarono rosse, e il suo sguardo si abbassò. Hermione si morse il labbro. L’aveva appena detto. Ad alta voce. Abbassò anche lei lo sguardo, chiedendosi se dovesse togliergli le mani dal collo. Dopo tutto, aveva appena detto una cosa imbarazzante. E ancora non sapeva che cosa erano, l’uno per l’altra. Erano amici, certo – lo erano da sempre, e su quello non c’erano dubbi. Lo sarebbero stati sempre. Ma ora lei voleva chiedergli altre cose, come ad esempio se era possibile tenergli la mano in pubblico, o se andava bene abbracciarlo nei corridoi. O non era consentito? Voleva saperlo, ma non riusciva a chiederlo.
Studiò ancora per qualche momento il vestito blu di Ron, poi fece la sola domanda che riusciva a pensare. Era ripetitiva, ma la prima volta non aveva ottenuto risposta.
*
“Che cosa siamo?”
Ron aveva problemi a respirare. Lei non gli avrebbe permesso di sorvolare sull’argomento. E certo, il giorno che mollasse la presa probabilmente il cielo mi cadrebbe sulla testa, pensò sarcastico – ma adesso non era il sarcasmo che lo avrebbe aiutato. Gli stava facendo una domanda e, conoscendo Hermione, avrebbe preteso una lunga e dettagliata risposta.
“Beh,” cominciò, ma si fermò subito. “Siamo…” Ci rifletté. Cos’erano? Amici, senza dubbio. Ma anche qualcosa in più, adesso – non avrebbe certo fatto con gli altri suoi amici quello che aveva appena fatto con Hermione. Pensò di dire ‘fidanzati’ ma sapeva bene che avrebbe preferito ingoiare pus di bubotubero piuttosto che dire ad alta voce certe stupidaggini. Sapeva anche fin troppo bene cosa sarebbe successo a casa se si fosse lasciato sfuggire una frase come ‘la mia ragazza, Hermione’. Gli sovvennero tutte le volte che avevano preso in giro Percy, e inghiottì sonoramente. No. Non se ne parlava proprio.
Lei però lo stava ancora guardando.
“Cioè…” continuò lui disperatamente, tentando di prendere tempo. ‘La mia ragazza’ non sembrava comunque una definizione adeguata. Lavanda era la ragazza di Seamus. Hermione non era solo questo. Hermione lo aveva salvato dal Tranello del Diavolo, e sempre Hermione era stata Pietrificata da un Basilisco. Lei era venuta a tirarlo fuori dalla Stamberga Strillante quando lui credeva di morire. Lei aveva salvato Sirius Black. Lei aveva messo Rita Skeeter in un barattolo. Lei aveva corso per tutti i campi di Hogwarts con lui l’anno prima, quando Harry era scomparso in quel maledetto labirinto del Tremaghi, e sempre lei era stata con lui ogni notte nella sala comune a cercare un modo per capire cos’era successo. Lei gli scriveva lettere d’estate e gli teneva alto il morale. Lei… non era una ragazza normale.
Hermione spostò un poco le braccia – adesso poggiava le mani sulle sue spalle, distanziandosi da lui.
Ron si raddrizzò e la guardò negli occhi. “Siamo… noi,” azzardò. Non riusciva a pensare ad un altro modo di esprimerlo.
Hermione lo fissò, colta di sorpresa. “Noi?” sussurrò.
Lui alzò le spalle, sapendo di essere probabilmente diventato rosso. “Sì. Noi. Se ti va.” Ora si guardava la punta delle scarpe.
Inaspettatamente, le braccia di Hermione si strinsero attorno a lui e lei nascose il viso arrossato sul suo petto.
“Oh, sì!” esclamò Hermione, stringendolo forte.
La strinse anche lui prima di poter pensare qualsiasi altra cosa, e la abbracciò a lungo, sentendosi spaventato e incredulo – ma anche caldo e completo. Da sopra la testa di lei, poteva vedere la neve cadere fuori dalla torre di Grifondoro, coprire i campi e la foresta, ammantare tutto di bianco fin dove poteva spingersi con lo sguardo. Il mondo era grande. E Hermione era con lui, nel mondo.
Hermione, che aveva le mani nei suoi capelli.
Sulle prime, Ron pensò che era bello. Chinò la testa e le cercò la bocca con la sua, pensando che lei aveva perfettamente ragione. Era veramente un buon momento per baciarsi. Lei alzò la testa verso Ron, continuando a scompigliargli i capelli finché non rimasero tutti completamente dritti.
All’improvviso, staccò le mani dalla sua testa e gli rise praticamente in faccia. “Oh, scusa!” esclamò, guardandogli i capelli e sogghignando. “Non pensavo che si sarebbero incasinati così!”
“EHI!” urlò Ron, lasciando Hermione e portandosi le mani ai capelli, sui quali anche lui aveva lavorato parecchio. Tentò di riabbassarli, ma non c’era storia – poteva sentirli, appiccicosi di gel, andare in ogni direzione. Guardò Hermione malissimo, mentre lei si allontanava poco a poco, incapace di smettere di sorridere.
“No, veramente, non volevo –” iniziò.
“Ah, veramente.” Ron avanzò verso di lei.
“Sul serio, non l’ho fatto apposta –” Hermione fece il giro del divano, ridendo.
“Oh, ma nemmeno io lo sto facendo apposta,” imprecò Ron. Mise entrambe le mani sullo schienale del divano e saltò dall’altra parte. Hermione strillò e corse via, tentando di salire al dormitorio femminile, ma lui le prese un braccio e la tirò a sé.
“Accio!” gridò lei, estraendo la bacchetta e puntandola su una sedia. La sedia arrivò alle spalle di Ron, facendogli perdere l’equilibrio. Mentre Ron cadeva sulla sedia, Hermione tentò la fuga sugli scalini.
“Mobiliaccubus!” urlò Ron, spostando un tavolo fino all’imbocco delle scale del dormitorio femminile, bloccandole il passaggio.
Hermione alzò la bacchetta, probabilmente per Bandirlo, ma Ron l’aveva preceduta, mettendosi tra lei e il tavolo. La fece indietreggiare nella sala comune, puntandole la bacchetta addosso. I capelli di Hermione erano sciolti sulle spalle e sapeva che anche i suoi erano un casino totale – eppure stavano lì, a meno di un metro l’uno dall’altra a ridere come pazzi, rossi dallo sforzo, le bacchette in posizione di guardia.
“Oh, no.”
Entrambi si girarono in direzione di una voce fin troppo familiare.
Harry stava fuori dal buco dietro il ritratto, con un’aria come se non avesse troppa voglia di entrare. “No, di nuovo?” mormorò, scuotendo la testa. “Non ci posso credere.”
“Che avete fatto col tavolo?”
Ron alzò un sopracciglio. Quella era la voce di Ginny. Guardò Hermione, i cui occhi si stavano sgranando sempre di più, poi si girò e fece una smorfia alla sorella, che entrava proprio in quel momento, aiutata da Harry. Ron si ricordava bene cos’aveva pensato poco prima aiutando Hermione a passare dal buco, e gemette in silenzio. Non poteva reggere l’idea che Harry pensasse quelle stesse cose a proposito di Ginny. Era troppo bizzarro. E comunque, era troppo presto per lei.
“Dov’è Colin?” ribatté Ron.
Ginny alzò le spalle distrattamente. “Ci siamo salutati nell’atrio, e lui ha riaccompagnato Susan. Lei ha un qualche equipaggiamento fotografico magico che lui voleva vedere.”
Harry soffocò una risata.
“Che avete fatto, voi due?” Ginny spostava lo sguardo dall’uno all’altra, al tavolo e alla sedia fuoriposto.
“Oh, stavamo solo…” Ron guardò Hermione, pregando perché lei si inventasse qualcosa.
“Stavamo solo discutendo sulla possibilità che un oggetto più grosso si possa muovere lontano e veloce come uno più piccolo,” disse lei con il suo solito tono saccente, senza perdere un secondo, “e avevo ragione io. Il tavolo è più pesante, ma questo non cambia la velocità magica, come dicevo a Ron –”
“Io ho spostato il tavolo,” sibilò Ron, d’istinto.
“Non importa chi lo ha spostato,” ribatté Hermione. “Il punto è che entrambi gli oggetti si muovono alla stessa velocità, e se tu seguissi un corso di Aritmanzia, come ti ho detto più volte –”
“Oh, ci risiamo,” mugugnò Ron. Con la coda dell’occhio vide Harry e Ginny muoversi piano verso le rispettive scalinate.
“’Notte,” lo salutò dolcemente Ginny.
“’Notte,” rispose Harry.
“Beh, mi spiace, Ron,” continuò Hermione ad alta voce, “ma vorrei che ti iscrivessi a un corso che valga qualcosa, piuttosto che continuare a frequentare lezioni che ti servono solo a perdere tempo!” Sbuffò e incrociò le braccia.
Ginny fece levitare il tavolo liberando il passaggio ed uscì dalla stanza. Harry salì silenziosamente le scale del dormitorio maschile.
“Ti riferisci a Pozioni?” le urlò Ron, per buona misura.
“A Divinazione –” replicò Hermione scaldandosi, ma Ron la zittì con un gesto e le sorrise. Non avevano più bisogno di continuare.
“Ehi, ha funzionato abbastanza bene,” bisbigliò, indicando col pollice nella direzione dove si trovavano Harry e Ginny fino a poco prima. “Non penso che abbiano mangiato la foglia.”
Hermione si lasciò sfuggire un sorriso e scosse la testa. “No, direi di no.” Puntò la bacchetta e rimise al suo posto il tavolo, e Ron fece lo stesso con la sedia. Lei lo guardò, e Ron la fissò negli occhi – ma il suo cuore affondò di colpo nel petto. C’era un inconfondibile suono di risate e voci, proprio fuori dal buco dietro il ritratto. Era finita.
“Tornano tutti,” disse Ron di malumore, pensando che la cosa più dura, ora che gli era permesso baciarla, sarebbe stata il doverne fare a meno così spesso giorno dopo giorno.
“Già.” Hermione diede un’occhiata veloce al buco, controllò entrambe le scalinate e si alzò in punta di piedi baciandolo sulla bocca. Ron chiuse gli occhi e la baciò a sua volta, finché lei non si staccò. “Buonanotte,” gli disse, senza fiato. Tenendosi la gonna un po’ alzata con le mani, corse verso le scale del dormitorio femminile e scomparve.
Ron restò inchiodato sul posto, un po’ stordito, e si permise un lieve sospiro. Era pazza, non c’era più alcun dubbio. Era fuori di testa.
Ed erano un ‘noi’.
Già sapendo di che cosa avrebbe sognato, Ron si diresse verso le scale per andare a dormire. Nonostante quello che Harry o Ginny potevano pensare di aver visto, il ballo era stato un successo strepitoso.
*
“Mi sono divertita tantissimo!” Ginny si precipitò nel dormitorio del quinto anno nel momento esatto in cui Hermione entrava. “Vieni, dobbiamo parlare – e mi devi dare una mano con il vestito.”
Hermione la seguì nel dormitorio del quarto anno, dove Ginny fece una piccola giravolta prima di scalciare via le scarpe. “Ho i piedi a pezzi! Non ci posso credere, è stato cento volte meglio dell’anno scorso!” Canticchiò un pezzo che Hermione non riconobbe, si avvicinò allo specchio e cominciò a sciogliersi i capelli.
“Dunque?” chiese Hermione, avvicinandosi a Ginny e incrociando le braccia. Di solito non sopportava quando Calì o Lavanda le raccontavano per filo e per segno quello che era successo a un ballo o durante una visita a Hogsmeade – ma con Ginny era diverso. “Non hai nulla da dirmi?”
Ginny annuì, con gli occhi che le brillavano. “Ho ballato tutte le canzoni, eccetto quella che hanno suonato mentre ero in bagno!” annunciò.
“Con…?” la incalzò Hermione.
“Prima con Colin. Poi ho ballato di nuovo con Colin, dopo che ho parlato con te. Ma a quel punto, Harry non stava più ballando con Susan. Stava seduto lì, e la ignorava. Così ho detto a Colin di togliere Susan da quella situazione imbarazzante, e lui è scomparso per circa un’ora – certo, adesso sappiamo che le piacciono parecchio le macchine fotografiche. Ha!”
Hermione ridacchiò.
“Poi,” continuò Ginny, “con Neville. Ma non mi ha pestato i piedi stavolta, è migliorato molto. Ed è così dolce che non importa, comunque – oh, e mi ha detto che la nonna non è più così ammalata, e che gli ha detto di stare qui per le vacanze e di partecipare al ballo come fanno tutti i maghi, e che non gli era permesso tornare a casa in ogni caso.” Ginny rovesciò gli occhi mentre si sforzava di ricordare. “Ah, sì. Poi tu sei tornata e io stavo ballando con Kyle Heath.”
“Di Corvonero?”
“Sì – è nella mia classe di Babbanologia, ed è un tipo un po’ come Percy. Mi ha detto che vuole lavorare per il ministero, e gli ho detto che l’avrei messo in contatto con papà, se avesse voluto chiarirsi qualche dubbio. Gli avrei dato anche l’indirizzo di Percy, ma quel deficiente non risponde nemmeno alle mie lettere, non capisco che problema abbia.” Ginny fissò lo specchio. “Non ci posso credere. Sta uccidendo la mamma, con il suo comportamento. Comunque, alla fine Harry mi ha chiesto di ballare con lui.”
Hermione notò che nel pronunciare quest’ultima frase, Ginny aveva mantenuto un tono veloce e pratico, e che i suoi occhi restavano fissi nello specchio mentre continuava a disfare la sua acconciatura.
“E poi ho ballato con Justin – un tipo veramente sorridente, non trovi? – e poi Colin si è finalmente ricordato che esistevo, e poi con un gruppo di ragazze della mia classe abbiamo ballato insieme, sai, un bel gruppo – poi ancora Kyle, poi Harry e poi il ballo è finito.”
Gli occhi di Hermione si spalancarono all’accenno di un secondo ballo con Harry, ma se Ginny non voleva approfondire, non sarebbe certo stata lei a forzarla. “Beh, non hai perso tempo,” le disse scherzosa, cercando di sembrare molto casuale. “Mi sa che mi sono persa metà dei tuoi cavalieri!”
“Beh… tu non sei stata nella sala grande molto a lungo…” disse Ginny maliziosamente, “O sbaglio?”
Hermione arrossì. “Beh, saremmo anche rimasti di più se –” cercava disperatamente una buona scusa “– se la gente non avesse cominciato a prenderci in giro!” concluse trionfalmente.
“Chi vi ha preso in giro?” chiese Ginny, improvvisamente seria. “Malfoy?”
“No, no,” si affrettò a dire Hermione. “Solo Fred e George. E Calì ci ha lanciato qualche occhiata delle sue.” Hermione sospirò. “E la Signora Grassa. Ci ha detto che – non ridere, Ginny – abbiamo fatto un ‘bel cambiamento’ dall’anno scorso. Imbarazzante.”
Ginny strinse le labbra, ma non rise. Invece, si girò per farsi aiutare da Hermione con il vestito. “In realtà,” disse dopo un momento, “la Signora Grassa ha detto qualcosa anche a noi. Niente del genere, ovviamente,” aggiunse un po’ amareggiata.
“Ah, sì?” disse Hermione incuriosita, aiutando Ginny con la cerniera. “Cosa?”
“Siamo passati attraverso il ritratto,” disse Ginny, infilandosi la camicia da notte mentre parlava, “e dobbiamo averle spaventate, perché Vi ha fatto cadere i suoi cioccolatini e si è sconvolta. Poi la Signora Grassa si è portata una mano al cuore e ha detto che pensava di aver visto dei fantasmi. Harry le ha ignorate, più o meno, e ha detto la parola d’ordine, ma prima che il passaggio si aprisse io le ho detto ‘Sarò anche pallida, ma non mi pare di essere trasparente!’ – anche se, vestita tutta in bianco mi sa che somigliavo un po’ al fantasma di Corvonero – ma no, davvero… penso che avesse solo bevuto un po’ troppo.”
Ginny si buttò sul letto, sorridendo, ma Hermione restò pensierosa per un attimo, prima di capire a quali fantasmi in effetti la Signora Grassa poteva aver fatto riferimento. Guardò attentamente Ginny. L’amica sembrava non aver nemmeno compreso il significato di quello che aveva appena detto, e Hermione decise che forse era meglio così.
“Già,” disse lentamente. “Troppi alcolici. E a proposito, è stato meglio che Fred non abbia ‘potenziato’ il punch, dopo tutto. Non mi piace vedere le persone che si mettono nei guai.”
Ginny si immerse nelle coperte finché Hermione non potè nemmeno più distinguere il suo viso. “A-ha,” disse vagamente. “Beh, buonanotte, Hermione.”
“Buonanotte.”
Hermione abbassò le luci della stanza e ritornò al suo dormitorio, accompagnata da scoppi di risa e brandelli di conversazioni provenienti dalla sala comune. Sapeva che avrebbe dovuto dire a Ginny qualcosa di lei e Ron, ma non se la sentiva. Non ancora. Invece tirò fuori il suo diario magico – voleva confessarlo a Gwen una, cinque, dieci volte – ma posò il piccolo libro quasi subito. Non voleva spiegare, non voleva rispondere a domande. Voleva solo addormentarsi e sognare tutto quanto di nuovo. E poi, dirlo a Gwen il mattino dopo avrebbe prolungato l’esperienza per un giorno in più.
Si tolse i vestiti senza bisogno di aiuto, controllando la sua figura nello specchio un’ultima volta prima di spogliarsi. Guardò il suo viso, ancora rosso, e il modo in cui il blu del vestito lo faceva risaltare. Stette un attimo in ascolto per assicurarsi che né Calì né Lavanda fossero nei dintorni, e si chinò davanti allo specchio per controllare la sua scollatura e capire se era veramente così profonda. Decise, dopo aver provato qualche movimento, che non era poi così male. Si raddrizzò, si mise una mano sui capelli e sospirò. Non importava quanto fosse stata bella prima – adesso i suoi capelli erano orribili. Però… Hermione giocherellò con una ciocca… forse a lui piacciono veramente così come sono…
Sorridendo, si mise la camicia da notte e si infilò nel letto, emettendo un “Uuff” quando Grattastinchi piombò pesantemente sul suo petto. Abbracciò il grosso gatto arancione e Grattastinchi la lasciò fare per un minuto, fermo abbastanza per farsi coccolare. Fissava Hermione dritto in faccia.
“Bravo bambino,” lo cullava lei, accarezzandogli il pelo e notando qualcosa per la prima volta. Affondò le dita nella pelliccia di Grattastinchi e gli sorrise. “Tu e Ron avete più o meno lo stesso colore, no?” chiese con aria innocente.
Grattastinchi incurvò la schiena e fece un suono offeso e sputacchiante. Poi saltò dolorosamente via dal petto di Hermione e zampettò via sul pavimento, la coda innalzata e gonfia.
Hermione rise. “Geloso?” disse al gatto, mentre lasciava la stanza. Un attimo dopo, sentì un grido di sorpresa soffocato, seguito da una risatina e da qualche parolina dolce, provenienti dalla direzione del dormitorio di Ginny. “Maschi… cosa c’è di più incostante,” borbottò Hermione tra sé, spegnendo la luce. Intanto chiuse gli occhi e strinse le labbra cercando di pensare intensamente ad un maschio in particolare, chiedendosi quanto sarebbe stato difficile evocare un’altra tempesta di neve il più presto possibile. Le tempeste di neve facevano al caso suo. Anche le sale comuni vuote, peraltro.
“Oh, Ron,” sussurrò appena udibile. “Noi. Siamo noi.” Non poteva crederci. Veramente, non poteva credere che dopo tutto il tempo passato a sperare, tutto quello che aveva sempre voluto si stava avverando. Sinceramente non credeva di farcela ad aspettare fino alla prossima occasione in cui si sarebbero trovati soli insieme. Sapeva bene che poteva trattarsi di un lungo periodo di tempo. C’era il resto delle vacanze, c’erano le battaglie a palle di neve, c’era da studiare per i G.U.F.O., e c’erano i compiti da finire.
E naturalmente c’era da prendersi cura di Harry.
Hermione sospirò piano e nascose la faccia nel cuscino, pensando a Voldemort per la prima volta da quel pomeriggio. Il ballo aveva scacciato la realtà dalla sua mente, ed ora eccola che tornava tutta in un colpo – c’era un Oscuro Signore, c’era una guerra, e le cose tra lei e Ron non avrebbero potuto essere normali. Harry era in pericolo. Loro stessi lo erano. Non avrebbero potuto imboscarsi come facevano Lavanda e Seamus – dovevano stare vicino a Harry. Dovevano restare un trio. Hermione sapeva bene che non avrebbe nemmeno dovuto dirlo a Ron – lui avrebbe saputo cosa era necessario fare, proprio come lo sapeva lei, e questo rendeva le cose più facili. Ma era dura lo stesso.
Si girò di lato, e riaccese la luce, prendendo il libro che Ron le aveva regalato a Natale. Possedeva già una copia di Addizionalo! Una guida entusiastica ai segreti dell’Aritmanzia, ma non glielo avrebbe mai detto. Era un regalo dolcissimo, e lei amava quel libro – averne una seconda copia non faceva certo male.
Ma la sua parte preferita era la dedica che lui le aveva scritto.
Cara Hermione,
Ci sono seicento pagine di scemenze qui, perciò mi sono detto che era perfetto per te. Quando hai finito di leggerlo, cioè tra un’ora circa, fammi sapere cosa ne pensi.
Buon Natale,
Ron
Tutto il suo corpo era dolorante, ma in un modo stranamente piacevole. Hermione spense la luce, con la mano ancora sulla dedica di Ron, e tentò di addormentarsi, meglio che poteva.
*
Harry era già in pigiama quando Ron entrò nel loro dormitorio. Stava seduto al centro del letto, e si puliva gli occhiali con un angolo della maglia. Ron lo guardò per qualche secondo. Harry sembrava sempre un’altra persona, senza occhiali.
“Ti sei divertito?” gli chiese, prendendo il suo pigiama e guardandosi di sfuggita nello specchio. Si raddrizzò e si sentì molto fiero del suo aspetto. Si sentiva veramente a posto, questa notte. I capelli erano uno schifo, pensò, sorridendo dentro di sé al ricordo di come erano diventati così, e quasi sentendo le dita di Hermione che li scompigliavano.
“Sì… immagino di sì,” rispose Harry molto vagamente. “E tu?” Le parole erano state pronunciate in un tono tale che i doppi sensi si sprecavano, e Ron si sentì costretto a dare le spalle all’amico per ricomporsi prima di rispondere.
“Oh, sai. Sono stato bene.”
Harry posò rumorosamente gli occhiali sul comodino. Si adagiò sui cuscini. “Sei stato bene?” ripetè. “E allora perché te ne sei andato così presto?”
Ron restò di spalle mentre si cambiava per la notte, certo di avere il viso in fiamme. Non sapeva bene cosa dire. Era questa l’occasione giusta per dire a Harry cos’era successo? Hermione avrebbe voluto che lui parlasse con Harry quella notte stessa? Non riusciva a ricordare con precisione che cosa avevano deciso di fare, e comunque non sapeva se sarebbe stato in grado di spiegarsi.
“Abbiamo pensato di venire a vedere se era tutto a posto nella torre,” disse. Questa, almeno parzialmente, era la verità. “Sai, per vedere che nessuno combinasse qualcosa.”
“Meno male che ci siete voi,” rispose Harry, chiudendo gli occhi come se fosse pronto a dormire. “Scommetto che la sala comune stava per bruciare, o chissà che cosa…” Non riuscì a soffocare una risatina.
Ron lo fissò dall’alto. Se Harry voleva cominciare, lui avrebbe reagito. “Senti, questo è quello che i fanno i prefetti,” tagliò corto.
“Davvero? E, ehm – che altro fanno i prefetti?” Harry si rigirò nel letto in preda ad una silenziosa crisi di risate – ovviamente si stava divertendo un mondo.
“Non lo so, dimmelo tu,” replicò Ron, con il tono più tranquillo che riuscì a trovare. Harry si stava inoltrando in un terreno pericoloso. “Non ti sei divertito, con Susan?”
Harry agitò la mano in aria in segno di disinteresse. “Vedi tu. Probabilmente in questo momento starà mostrando a Colin il suo equipaggiamento fotografico.”
Ron sghignazzò scompostamente per la battuta, ma continuò ad incalzare l’amico. “Bene. Quindi tu e Canon vi siete scambiati la ragazza,” osservò in tono leggero. “Buon per voi.”
Harry sedette sul letto inforcando di nuovo gli occhiali nel giro di pochi secondi. “Ascolta,” disse serio. “L’ho solo accompagnata su, non è come pensi – ”
“Lo so! Lo so – ” Ron si affrettò ad interrompere quella conversazione prima che iniziasse. Non aveva pensato a dove poteva arrivare con le sue battute, e l’ultima cosa di cui voleva parlare era di sua sorella che ballava con Harry. Una cosa era che Ginny avesse una cotta per il suo migliore amico. Un’altra cosa era che succedesse veramente… qualcosa. “Lascia stare, stavo solo scherzando,” insistette.
Harry lo guardò a lungo, tranquillamente, poi si tolse di nuovo gli occhiali, spense la sua candela e chiuse le tende del suo letto. “‘Notte,” arrivò la sua voce, da dietro il tessuto.
Ron non rispose. Si stiracchiò nel letto, fissando il baldacchino e pensando immediatamente a Hermione. E a come sarebbe stato strano se loro due fossero stati una cosa separata, se avessero avuto segreti con Harry. Non poteva essere così. Loro restavano un trio.
“L’ho baciata.”
Ron non aveva nemmeno realizzato quello che stava per dire, finché non lo disse. Le parole rimasero come appese nell’aria della stanza, ancora udibili, e il suo viso diventò di colpo molto caldo. Spense velocemente la sua candela, desideroso che la stanza diventasse il più buia possibile.
Harry aprì di colpo le tende del letto, e ancora una volta tastò sul comodino per trovare gli occhiali e rimetterseli sul naso, per vedere meglio Ron.
“Sul serio?”
“Sì.”
Entrambi restarono in silenzio per un po’. Ron poteva quasi sentire l’enormità della sua confessione che affondava lentamente nel buio.
“Okay,” disse infine Harry. Ma non chiuse le tende, né posò gli occhiali. Invece, si schiarì la gola. “Senti, posso chiederti una cosa?”
Ron alzò le spalle, senza incrociare lo sguardo di Harry. Forse voleva fargli una domanda su… beh… sul fatto del bacio. Sarebbe stato veramente bizzarro. “Come no,” rispose, ancora una volta non riuscendo a controllare del tutto la voce.
“Giuri di dirmi la verità?”
Ron inghiottì rumorosamente, e pregò che non gli venisse chiesto nulla di troppo compromettente, o che Hermione non avrebbe voluto far sapere in giro. Non pensava che Harry fosse il tipo da scendere nei dettagli. O almeno, lo sperava. “Ma certo.”
“Hai veramente dormito sul pavimento, nella capanna di Hagrid?”
Colto alla sprovvista, Ron guardò verso l’amico. Harry lo fissava, sorridendo, e lui capì di essere in trappola. Aveva giurato di dire la verità. Beh, almeno la verità era una sillaba soltanto, e poi sarebbe finita. A parte il fatto che avrebbe dovuto riviverla ad ogni presa in giro.
“No,” rispose con voce gracchiante, riportando lo sguardo sul suo baldacchino.
“A-ha.” Harry non sembrava per nulla sorpreso. “’Notte.”
“’Notte.”
Ron udì i tendaggi che si richiudevano, e il suono delle voci che arrivavano dalla sala comune. Seamus, Dean e Neville stavano per arrivare, e lui non avrebbe retto altri interrogatori. Dire la verità a Harry era necessario. Tutti gli altri potevano anche infilarsela dove sapevano.
Rapido, prese un libro dal comodino e chiuse le sue tende, separandosi dai rumori circostanti appena in tempo. Mentre i suoi compagni si preparavano per la notte, Ron accese la punta della sua bacchetta e aprì la sua copia di Amicus Pennatus: Il manuale per i padroni dei Gufi. Hermione glielo aveva regalato quella mattina, per Natale, e non era ancora riuscito a guardarlo con attenzione. Era troppo preoccupato per il ballo per aver tempo o voglia di leggere, ma adesso notò che Hermione aveva segnato una pagina verso il fondo con un foglio di pergamenta piegato. Ron aprì il libro a quella pagina, e l’immagine di un gufo straordinariamente simile a Leo lo fissò, sbattendo innocentemente gi occhietti. Ron sorrise. Leo era un vero impiastro.
Speranzoso, aprì il foglio di pergamena, e trovò una breve annotazione.
Caro Ron,
Qui spiegano metodi eccellenti per calmare
i gufi predisposti all’iperattività. Io penso
che potresti provarne qualcuno con Leo. Uno
dei metodi spiegati è che il proprietario dovrebbe
cantare qualcosa al gufo, e penso che dovresti provare
questo prima degli altri, la prossima volta che Leo
ti fa una consegna nella Sala Grande. Secondo me a Leo
piacerebbe, e immagino che piacerebbe anche a tutti gli altri
Buon Natale
Con amore,
Hermione
Ron rilesse il biglietto diverse volte – soffermandosi specialmente sulle ultime tre parole – poi richiuse il libro e, guardandosi intorno per assicurarsi che nessuno vedesse cosa stava facendo, infilò il biglietto sotto il suo cuscino. Vi poggiò sopra la testa e si addormentò lentamente, con una nebbia di felicità in mente. Era stato bello, inseguire Hermione per tutta la sala comune. Era stato bello anche litigare con lei. Sembrava sempre che lei non vedesse l’ora di litigare, pensò Ron, tirando a sé il secondo cuscino e abbracciandolo.
Desideroso di averla accanto a lui, invece che lontana, dall’altra parte della torre, Ron cadde in un sonno che fu – per la sua gioia – ricco di sogni vividi che la portarono più vicina a lui.