Novembre, mese in cui si guardano i film di Tim Burton. E devo dire che Beetlejuice Beetlejuice non è nemmeno quella merda che pensavo (spero però che non gli venga in mente di fare anche Beetlejuice Beetlejuice Beetlejuice). Con un colpo di scena assolutamente imprevedibile, essendo passati più di 30 anni dal film originale, la famiglia Deetz è passata a una nuova generazione.
La ragazzina dark non è più Winona Ryder (che qui ha il ruolo della madre nevrotica) ma è Jenna Ortega; Catherine O’Hara viene promossa a matriarca sempre più fissata con l’arte contemporanea e Jeffrey Jones (che avrà ritenuto di non partecipare al sequel) viene ucciso in stop motion per poi essere presentato come uno dei simpatici cadaveri ambulanti che popolano l’aldilà burtoniano.
C’è una sottotrama molto halloween con lo spirito di un giovane grunge che si scopre poi diabolico killer, e ovviamente c’è il mattatore Michael Keaton che ce la mette tutta per far sembrare che non siano passati 36 anni e devo dire ci riesce pure. Ovviamente c’è la nuova musa Monica Bellucci nel ruolo di Delores, l’ex moglie italiana di Beetlejuice (nel racconto della loro storia c’è il pezzo forte del film, parlato tutto in italiano e con inquadrature e luci alla Mario Bava, peraltro anche citato esplicitamente nella sceneggiatura).
Nonostante i tempi siano cambiati Beetlejuice (grazie al cielo) è sempre il solito deficiente scorretto e monodimensionale e tutto procede come da copione, nessuna sorpresa e quindi a posto così. Diciamo che si vede benissimo che Burton si è divertito un mondo a farlo, e tanto basta.
C’è persino un momento musicale che tenta di ripetere l’inarrivabile delirio della sequenza di Day-O (Banana Boat Soing) nel film originale e quasi ci riesce: la versione assurda di un pezzo lunghissimo come Mac Arthur Park sul pre-finale è comunque da antologia burtoniana.