Che dire di Maestro, l’ultima faticaccia di Bradley Cooper, prodotta da Scorsese e Spielberg? Il biopic di Leonard Bernstein e di sua moglie Felicia Montalegre è coinvolgente, ben costruito, sopra le righe esattamente quanto lo era Bernstein stesso, (quasi) mai noioso soprattutto se si è appassionati di musica / di musical.
Ovviamente all’inizio ci si fa subito distrarre dal naso di Bradley Cooper che ruba la scena un po’ come i denti di Rami Malek in Bohemian Rhapsody (il paragone è solo sulla protesi perché per il resto non vorrei confrontare la merda con il risotto).
Poi però entra in scena Carey Mulligan nel ruolo di Felicia – oserei dire per la Mulligan il ruolo della vita, lei è bravissima – e il film da biopic diventa la storia di un matrimonio e di una famiglia in cui il padre ingombrante dalla doppia personalità estroversa (direttore) e introversa (compositore) è anche bisessuale, e con la benedizione della moglie sta anche con il clarinettista interpretato da Matt Bomer e con altri uomini.
È tutta una ridda selvaggia di formati diversi, colore e bianco e nero, illuminazioni geniali, stacchi di montaggio furbissimi che portano avanti la narrazione in modi inaspettati e insomma, bello.
Vorrei dire ho pianto tanto ma ho pianto solo in un punto.