GRANDE

GRANDEE così siamo a dieci. Dieci anni oggi che non ci sei più. Dieci anni in cui ogni tanto mi cogli alle spalle con qualcosa che sulle prime è difficile da definire, poi dici “ma certo, è proprio così”. Dieci anni in cui non è nemmeno necessario chiedersi “cos’avrebbe fatto mio padre in questa situazione” perché tanto so che nel 99% dei casi avrei fatto lo stesso, da solo. Le tipiche frasi che si dicono in questi casi sono vere: vivi finché c’è qualcuno che si ricorda di te, e di te si parla sempre, anche se non ci sei.

C’è un concetto chiave, quando si parla di narrazione, che è il defining moment, il momento decisivo che definisce un personaggio e lo fa diventare quello che è. Nelle storie raccontate è sempre molto chiaro. In quelle vissute un po’ meno, magari ti rendi conto di aver fatto esperienza di un momento così anni dopo. Senza un momento decisivo un personaggio è abbandonato a sé stesso, la sua strada, il suo arco narrativo non sono chiari. Io di momenti decisivi nella vita ne ho avuti alcuni – magari non tutti riconosciuti subito – ma è chiaro che il principale è stato quel pomeriggio di dieci anni fa. Tutto quel percorso, la tua malattia e la tua morte hanno scalpellato via parti di me e ne hanno rivelate altre. Se così si può dire, hai reso più chiaro il senso della (mia) vita. Mi hai riempito di amore finché ho avuto bisogno e poi hai continuato finché non è traboccato fuori.

Beh… Trabocca ancora, stai tranquillo.

Avevamo un patto io e te e l’hai tradito tu perché io diventassi grande, scoprendo che il dolore non era la destinazione vera“.

BABBO PRIDE

BABBO PRIDEIo di norma sono un tipo un po’ disadattato, certamente inadeguato, poco propenso all’autocelebrazione interiore. Specialmente poi quando si parla del mestiere più complicato del mondo. No, non il piastrellista. Il genitore. Però ogni tanto gongolo perché ci sono delle piccole cose che mi fanno capire che sto facendo un buon lavoro.
Ad esempio.

1. In casa non è mai entrata un arma giocattolo. Tanto la Creatura sa benissimo come trasformare in arma qualunque oggetto, dal tappo di una bottiglietta d’acqua al pezzo di puzzle incastrato sotto un mobile. Sì, in pratica è un novello Bullseye. Però dai, a parte gli scherzi. Nel mio piccolo mi sembra un impegno cui ho tenuto fede.

2. Sono riuscito a non trasmettere la mia proverbiale indole da orso incazzato in letargo nei confronti del prossimo. Anzi, la Creatura attacca diabolicamente pezze infinite a chiunque trovi nel suo raggio d’azione, dal giornalaio alla vecchina con le sporte della spesa, dagli ubriachi la mattina al bar ai postini in bicicletta. E si incazza se non rispondono ai suoi insistenti saluti.

3. L’educazione. Ho capito di essere riuscito a trasmettere valori fondamentali nel momento in cui a ogni mio rutto ha cominciato a rispondere “Salute, papà”. Perché secondo me una buona educazione è la base della società civile.

4. Ha imparato quelli che considero i tre passi di danza fondamentali: l’headbanging, il gesto tipo “throw your hands in the air like you just don’t care” e le corna accompagnate dall’esclamazione un po’ ruggente “rockandroooooll!” (per la verità non dice ancora bene la “r”, ma ci siamo quasi). Poi li applica a Beyoncé e Rihanna, ma non si può avere tutto subito.

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5 COSE CHE DIMORANO NEI COMODINI

5 COSE CHE DIMORANO NEI COMODINIHo letto da qualche parte che il buon content manager eccelle in post a lista, del tipo “le dieci cose che”, “le cinque volte che”, “i sette indizi che”. Ora, non per vantarmi ma io i post a lista li facevo nel 2002. Poi non so, mi è sembrato che fossero una cosa scema da fare quando non avevi voglia di scrivere nulla di più articolato. E invece.

Viene fuori che i post a lista sono tra le cose più lette dell’Internet perché in un flash danno al lettore medio che ha quei tre o quattro minuti durante la sua evacuazione quotidiana la possibilità di leggere qualcosa di curioso. Ecco, sì, le liste devono essere liste curiose. Ripenso a quante liste curiose ho scritto, in preda ad un’inutile ansia classificatoria. In alcuni casi ero arrivato a 20, 25 item. Roba che nemmeno Rolling Stone.

Ora ci riprovo, col preciso intento di essere a) virale, b) sintetico, c) non classificatorio.

Perciò eccovi la lista – rigorosamente in ordine sparso – delle cinque cose che dimorano nel mio comodino da notte, nella malcelata speranza che voi, leggendo questo post, vi sentiate spinti a dirmi quali sono le vostre cinque cose più strane che tenete nel comodino. Se vi state chiedendo perché il comodino, la risposta è molto semplice. Il comodino da notte è la versione adulta del junk drawer tipico di ogni preadolescente, quel cassetto segreto in cui c’è di tutto alla rinfusa, e in cui ogni pezzo di spazzatura è un tesoro inestimabile. Allora, si parte. Anzi no, fermi un attimo. Ho appena guardato nel mio comodino e ho realizzato che devo barare. Non saranno cinque cose ma cinque categorie di cose.

Così riesco praticamente a infilarci dentro tutto.
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