Allora, le cose stanno così.
Nel 1934 i nonni si sposavano e veniva loro assegnata la gestione del cinema comunale “Littorio” di Barge. Lui proiezionista, lei addetta al bar e alla cassa. Nell’ottobre del 1935, il nonno viene richiamato e spedito in Etiopia a combattere. Viene ferito a un ginocchio e – considerato spacciato – viene rispedito a casa. Rasato a zero e dimagrito di 15 kg, viene accolto da moglie e suocera, che al binario della stazione di Barge gli rivolge la fatidica domanda “Voes-tu dui oeuv al palèt?” (Vuoi due uova al tegamino?). Curato a suon di clisteri, il nonno riprende le forze, tanto che nel dicembre del 1937 nasce mia madre. Le cose procedono relativamente bene tra il cinema e la vita familiare, finché non spirano di nuovo venti di guerra.
A quel punto, prima dell’entrata in guerra ufficiale dell’Italia, il nonno riesce ad ottenere il trasferimento nel corpo dei Vigili del Fuoco. Il tempo della guerra passerà così, a scavare tra le macerie dei bombardamenti, a portare in salvo paesani e partigiani quando poteva, senza le interferenze dei tedeschi asserragliati nel loro quartier generale, l’albergo Cannon d’Oro di fianco al Comune.