PAGINE DAL LIBRO DI CUORE

L’altro giorno ho recuperato in libreria una pubblicazione dal sapore vagamente vintage. Un enorme librone un po’ floscio che raccoglie le quasi 400 prime pagine di Cuore – il settimanale di resistenza umana di Michele Serra. In copertina c’è un Cristo molto glamour (e anche un po’ gay) e sul retro di copertina il prezzo “29.000 lire“, che mi ha riportato praticamente indietro di un millennio (costo odierno 7 euro, comunque). Dentro, un’introduzione garbata e un po’ disillusa di Serra stesso che – tra una falsa modestia e l’altra – sostiene una posizione precisa: quella della satira non solo politica ma soprattutto sociale.

Questa cosa della satira sociale, di puntare lo sguardo caustico sulla “gggente” e non solo sui politici, è stata la grande peculiarità di Cuore. Pochi però l’hanno compresa fino in fondo e probabilmente quello è stato anche il motivo per cui il settimanale chiuse nel ’96, dopo il classico periodo di “fioritura” tra il ’91 e il ’94. Sfogliando alcune pagine del libro saltano all’occhio le copertine storiche (mitica “Scatta l’ora legale, panico tra i socialisti“), le vignette più famose, i corsivi più corrosivi.

Non c’è invece quanto veniva relegato per scelta editoriale nelle pagine interne, tipo “Botteghe oscure”, “Mai più senza” o “Il giudizio universale”. Che sono poi le cose che i vecchi lettori ricordano più facilmente. Il drammatico è che quelle rubriche erano fatte per prendere per il culo la gente, ma molti lettori ci credevano veramente. Centoquarantamila copie vendute a settimana, nel periodo di massimo fulgore (e quindi potenzialmente almeno il triplo di lettori, perché Cuore era il classico giornale che leggevi insieme agli amici). Eppure ancora oggi esistono panetterie come “Biova chi molla” (giuro, è vicino a casa mia).

Diciamo che la satira può avere anche una funzione pedagogica, ma che la “gggente” era già allora immune a qualsiasi pedagogia. Capace forse di sorridere di sé, ma non di riflettere veramente sui propri difetti o su come superarli. E da questo punto di vista, non è andata che peggiorando. Poi c’è il discorso dei contenuti. Leggere quelle prime pagine fa un effetto strano. Gli stessi nomi, le stesse facce, gli stessi problemi. Salvo qualche differenza marginale, l’Italia del 2009 è ancora ferma a metà degli anni ’90.

La sensazione di vivere su un enorme giradischi con la puntina che salta da decenni è sempre più netta.

IO (CUORE) GIULIO CESARE GIACOBBE

Io ♥ Giulio Cesare Giacobbe.
Platonicamente, si intende. Cioè, letterariamente.
Intanto perché si chiama Giulio Cesare, e ti dà subito l’idea di uno che sa dove vuole andare a parare.
Poi perché si chiama Giacobbe, che come tutti sanno (o dovrebbero sapere) è una sorta di trickster veterotestamentario nonché uno che ha picchiato Dio. E lo ha picchiato secco.
Nel suo ultimo libro “Come smettere di fare la vittima e non diventare carnefice” si vede anche la foto di GCG, sul risvolto di copertina.
Sembra un guerriero Maori. Il che me lo rende ancora più simpatico.

Nella prefazione del suo ultimo libro (bello quanto gli altri, non starò a dilungarmi) GCG fa alcune dichiarazioni di poetica sul suo stile, sulla punteggiatura e sul linguaggio volgare (in senso dantesco). Quando ho letto questa prefazione, mi è sembrato di rileggere pezzi scritti da mio padre anni fa. Per questo mi sento di dire, che GCG mi sembra quasi uno di famiglia. Virgole e tutto.

GCG dice che dedica un’ora al giorno a smaltire la posta dei lettori. Lo fa davvero. Non risponde a ciclostile. Ho fatto la prova. Volevo farmi mandare una copia in PDF di un suo romanzo Urania intitolato “L’altra realtà”. Il romanzo è esaurito. Lui però te lo manda in PDF. Se glielo chiedi. Insomma, è gentile.

Sembra che il suo misto di analisi transazionale, umorismo surreale e filosofia orientale sia molto amato dalle lettrici. Questo potrebbe voler dire che GCG ha pochi lettori maschi.
Allora faccio coming out, dichiaro il mio apprezzamento per la persona e le opere e consiglio a tutti i maschietti un’ottima lettura.
Sappiatelo, GCG non è chick lit. Nonostante le copertine e i titoli a volte fuorvianti.

(Ovvio che non ho letto “Come diventare bella, ricca e stronza”. Per quanto, forse dovrei.)

LO SPIRITO CONTINUA

Un po’ per passione e un po’ per lavoro (ma di quello parlerò poi) stavo spulciando i vecchi archivi di storia del fumetto. Ogni volta che lo faccio, mi torna sottomano The Spirit, l’atipico personaggio del genio Will Eisner che ha rivoluzionato il linguaggio dei comics traghettandolo verso la modernità. Spirit nasce in un’epoca di supereroi (non la Golden Age, certo, ma comunque il buon vecchio Superman era già in giro), ma pur concedendo agli stilemi dell’epoca il contentino di una “maschera”, una identità segreta o almeno nota a pochi e un’elaborata storia delle sue origini è comunque di base un detective comic vecchio stampo, che mantiene quello che promette ad ogni uscita: mistero, azione, avventura.

Corro in fumetteria a vedere se i megavolumi (gli Archivi di Spirit) della Kappa Edizioni sono scesi di prezzo. Non sono scesi di prezzo. Sono e restano inaccessibili. Però… c’è un però. Mi ricordavo che già nei ’90, prima della sua morte, Eisner aveva tentato il rilancio modernizzando il personaggio. Nulla di fatto. Ma non avevo ancora fatto il mio incontro con Darwyn Cooke. Cioè, sì… Avevo letto qualcosa di suo su Spider-Man’s Tangled Web, apprezzavo il suo stile a metà tra il realistico, il manga e l’illustrazione stilizzata alla UPA. Ma non sapevo che avesse preparato l’ingresso di Spirit nel nuovo millennio.

Prima disegna un crossover tra Batman e Spirit, inserendo quest’ultimo nell’universo DC. Poi, tra il 2007 e il 2008, realizza dodici albi dedicati all’eroe di Eisner (appena usciti per Panini in due agili volumi e subito acquistati). La rivisitazione di Spirit è al tempo stesso filologica e inserita nella contemporaneità. Ci sono tutti i personaggi di contorno (compreso il contestato Ebony White, felicemente trasformato da Cooke in un ghetto wiseguy), c’è la storia delle origini, c’è il rispetto del format (brevi storie autoconclusive), c’è l’attenzione al dettaglio pittorico, alle titolazioni grafiche, a tutto il linguaggio innovativo di Eisner. E il tratto di Cooke non sfigura assolutamente, anzi!

Partito con l’intenzione di fare un tuffo nel passato, insomma, mi sono immerso nel futuro di un personaggio di quelli che definirei “fruibile su più livelli di lettura”. Ora non mi resta che attendere con pazienza il film di Frank Miller, che insieme a Watchmen (da Moore e Gibbons) è il più atteso da queste parti.

P.S.: per chi pensava che il post fosse dedicato ai Negazione, beh… Non voglio deludervi. Rileggete tutto quanto ascoltando questa traccia!