AMMANNITI E’ LO STEPHEN KING ITALIANO

Finito Ti prendo e ti porto via, di Niccolò Ammaniti, che non avevo ancora mai letto. Gran narratore, stile particolare, molto aderente alla psicologia dei suoi personaggi. Specialmente coi bambini, Ammaniti sa cogliere tutte le sfumature dell’animo. Lo apprezzo perché riesce a tuffarsi nella sua infanzia, che evidentemente è anche la mia, a pescare quei ricordi da horror scolastico e da violente e oscure passioni amorose. Per dire, può piacere o meno Stephen King: secondo me, per certe sue tematiche, Ammaniti è lo Stephen King italiano… Non so se andrò a vedere Il siero delle vanità, che mi dicono tutti un film fiacco, comunque sia è già apprezzabile il tentativo di (ri)costruire un cinema di genere italiano a partire dalle storie di narratori popolari e potenti. Ora vorrei buttarmi su Massimo Carlotto, che Cassiel mi ha fatto venire una notevole curiosità…

NECROPOLIS

Il numero 212 di Dylan Dog attualmente in edicola, Necropolis, è finalmente degno della migliore stagione del fumetto bonelliano che ormai colleziono un po’ per inerzia un po’ per tenerezza… Consiglio vivamente di leggerlo perché, al di là del finale un po’ di maniera (c’è la tipica retorica dylandoghiana in agguato) è veramente una storia che spacca. Tanto per gradire, poi, è previsto un radiodramma in quattro puntate su RadioDue tratto proprio da questo albo…!

SI PUO’ FARE SESSO CON UN LIBRO? IO SI’.

Passo periodi in cui non riesco a leggere, né a gustarmi un buon film. Succede quando sono troppo occupato a scrivere. Mio padre mi ha sempre insegnato, però, che se vuoi scrivere bene, devi leggere bene. Lo faceva con una delle sue irritanti frasi prese in prestito dal gergo del management informatico americanizzato della fine degli anni ’70: "garbage in, garbage out". Perciò, ho deciso di prendermi il mio tempo. E ho da poco finito uno dei romanzi più appassionanti (almeno nella mia opinione) degli ultimi cinque anni. E’ molto difficile che un libro riesca a catturarmi in modo tale da diventare quasi una droga. Di solito mi succede col fantasy, che per me è una droga a tutti gli effetti. Il petalo cremisi e il bianco di Michel Faber, invece, è un romanzo storico. Ma forse è riduttivo definirlo così. Si tratta di un romanzo vittoriano scritto nel ventunesimo secolo. Procede come un romanzo vittoriano, ha i modi e i personaggi del romanzo vittoriano. Ma ha uno stile che si impadronisce della mente del lettore da pagina 10 a pagina 984. Da pagina 1 a pagina 10 ti chiedi cosa diavolo è questo oggetto e che razza di stile ha deciso di usare lo scrittore. Il petalo cremisi e il bianco (titolo ingiustificato fino alle ultimissime pagine) è la storia dell’ascesa e della caduta di Sugar, prostituta giovanissima che si sottomette volentieri a qualsiasi tipo di perversione e umiliazione sessuale, e della sua relazione con l’uomo dell’alta borghesia londinese che la prende sotto la sua ala come amante. Dal fetore delle strade all’odore di sesso del bordello, dalla garçonniere messa in piedi dall’amante alla promozione a ruolo di "istitutrice della figlia" fino alla fuga nel mondo esterno, Sugar interagisce con un girotondo di personaggi ambigui e affascinanti. Come William Rackham, il suo "salvatore" e la moglie pazza Agnes. Come Henry Rackham, fratello pio e devoto di William e la sua musa Miss Emmeline Fox. Come le puttane e le tenutarie dei bordelli di Londra, che ruotano attorno a tutta la storia. Una storia ossessionante, che non ti fa posare il libro anche se pesa tra le mani. "Meglio del sesso", ha detto qualche critico sul retro di copertina. Magari no, però è indubbio che la scrittura di Faber ha le qualità avvolgenti e capaci di stordire di un vero e proprio richiamo sessuale.