JUROR #2, IL “CLASSICO” EASTWOOD

Quando si ha l’esigenza di vedere un film “classico” (laddove per “classico” intendo ben scritto, ben confezionato e recitato, senza guizzi autoriali strani ma solido e diciamo così “senza tempo”), non c’è nulla di meglio di un film del vecchio, granitico Clint Eastwood. E Juror #2 non fa eccezione. 

Una storia strutturata per richiamare uno dei più grandi classici hollywoodiani con Henry Fonda (La parola ai giurati di Sidney Lumet) innestandogli però nello stesso tempo un twist hitchcockiano che tiene alta la suspence.

Juror #2 in sostanza è un film sulla sfiga. La sfiga di trovarsi per ben due volte nel posto sbagliato al momento sbagliato. All’inizio è un film su un ex alcolista che viene chiamato a fare da giurato in un caso di femminicidio. Poi a poco a poco viene fuori che forse non è proprio tanto il caso che proprio lui faccia da giurato in questo… caso.

Ed è qui che da legal drama il film di Eastwood diventa un thriller con alla base uno di quei dilemmi morali tanto cari al regista che lì per lì non sapresti come risolvere. La suspence prende piede, tu ti chiedi come cazzo si faccia ad essere così sfigati nella vita. Fai il tifo per il protagonista (il bravo Nicholas Hoult che qui si ritrova, a 22 anni da About a Boy, di nuovo insieme a Toni Collette) ma nello stesso tempo sei a disagio perché non dovresti fare il tifo, perché lui è una brava persona che però è marchiata in qualche modo dal male

Non bisogna dire troppo su Juror #2, se non che è un piccolo classico moderno, e che ha uno dei finali migliori dell’anno, di quelli che con uno sguardo dicono miliardi di cose.

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