L’INTIMITÀ MASCHILE IN CLOSE

Close di Lukas Dhont è un dramma belga il cui titolo dice molto sull’argomento del film: la vicinanza. Vedere Close è una mazzata sui coglioni per un motivo molto particolare: come Monster di Kore’eda, è un film su una ipotetica relazione queer tra due ragazzi. Ed è sull’ipotesi che si gioca tutto, nel film di Dhont in modo molto più lineare, diretto e drammatico.

Léo e Remi sono amici da una vita, sono “vicini”, sono “intimi”, come due fratelli, dormono nello stesso letto confidandosi paure e aspirazioni. Si vogliono bene come si possono voler bene due persone che si sono scelte da anni e che sentono una fratellanza tra loro. Quando iniziano le scuole superiori arriva la domanda fatidica: “state spesso molto (troppo) vicini, siete una coppia?”. Arriva la polizia del genere, arriva l’omofobia, arriva il cameratismo come antidoto patriarcale allo spettro della frociaggine.

Léo su questa cosa se la prende moltissimo, e decide a poco a poco di allontanarsi da Remi, per far mostra di essere un maschio etero e cisgender. Remi, che è il più sensibile dei due, comprensibilmente la prende peggio ancora. I due litigano furiosamente, come solo due persone che si vogliono bene fanno, senza forse nemmeno capire bene il perché.

Poi succede l’irreparabile e Close si trasforma in una riflessione sul lutto, la colpa, le emozioni annodate di chi rimane. E tutto questo è originato solo da una semplice immagine-scandalo: quella di due giovani maschi che si addormentano abbracciati.

Close è un film che dovrebbe essere visto da tutti i genitori di figli maschi, nonché proiettato in tutte le scuole: è un boccone difficile da digerire, ma è importante per capire cosa trasmettiamo in termini di valori alle nuove generazioni – cosa continua a trasmettergli tutta la società. Come in Monster, anche qua è il gruppo dei pari ad innescare la miccia della tragedia – e anche quando c’è l’intervento della psicologa scolastica, è too little, too late.

Tematiche a parte, il film di Dhont è delicato e impressionante nell’uso di primi piani molto insistiti e di lunghi piani sequenza in cui emergono molto chiaramente le tempeste di emozioni e sentimenti sotto la superficie degli sguardi impassibili dei due giovani attori Eden Dambrine e Gustav de Waele (bravissimi).

Consigliabilissimo, ma non se siete già in depressione.

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