MEMOIR OF A SNAIL, FOLLIA IN STOP MOTION

Se non conoscete il lavoro di Adam Elliot, questo Memoir of a Snail può essere un buon punto d’inizio. Vincitore del premio per il miglior film d’animazione del 2024 ad Annecy, è un film in stop motion diverso a quelli cui siete abituati. È perfettamente in linea con gli altri lavori di Elliot, un po’ sgradevoli, sporchi, emotivamente molto forti e vagamente autobiografici, e in questo caso particolare ha un vago sentore di Jeunet e Caro mescolati con Henry Selick.

La lumaca del titolo è Grace, che all’inizio è una donna di mezza età che ha appena visto morire la sua anziana amica Pinky (il film si apre proprio con il rantolo di agonia della donna) e racconta tutta la sua vita alla sua amata lumaca da compagnia Sylvia (battezzata così in onore di Sylvia Plath). Questo già fa capire il mood del film.

Grace e il suo gemello Gilbert nascono nell’Australia del 1972, la madre muore di parto e il padre poco dopo diventa paraplegico in seguito ad un incidente (mentre si esibiva come artista di strada, un ubriaco lo investe con la macchina). Oltre che paraplegico, il padre è anche alcolista e niente, dopo qualche minuto muore anche lui nel sonno. I due bambini vengono separati dai servizi sociali e mandati in una famiglia di nudisti/scambisti di Canberra (lei) e in una famiglia di fanatici religiosi coltivatori di alberi da frutta di Perth (lui). Separati da kilometri di deserto, non potranno mai più vedersi.

Crescendo, lei trova un marito (che però la ingozza di cibo per un suo fetish sulle donne grasse che lei scopre solo in un secondo momento) e lui si ribella sempre di più al fanatismo religioso della famiglia affidataria compiendo l’affronto estremo di fare sesso col fratellastro facendosi beccare dalla matrigna (che ricorda un po’ la madre di Carrie nel film omonimo).

Insomma, avrete capito che Memoir of a Snail è un film decisamente per adulti: si parla di masturbazione, di orge, di kink, c’è parecchia nudità in plastilina e il tutto vira molto spesso sullo sgradevole o più semplicemente sul cringe. Eppure è un film emozionante, commovente, costruito come un classico per famiglie anche se non lo è veramente e sa muoversi bene sul filo del rasoio lanciando anche un messaggio molto forte sulla salute mentale e su come dovremmo sempre prendercene cura.

Per me, in assoluto, uno dei film dell’anno. Recuperarlo in giro può essere difficile, ma si riesce. In sala in Italia, la vedo dura ma è possibile.

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