Quattro gennaio. Qualcosa mi sveglia dal torpore. Qualcosa di fastidioso. Gli ultimi brandelli di sogno si volatilizzano mentre alzo la faccia ormai fusa con il cuscino e apro una fessura cisposa di occhio… Chi cazzo è che stressa alle sette del mattino?!?
– Prohh…
– Pietro?
– Grhhmmmbh?…
– Sono Pia… Volevamo sapere se venivi in ufficio… Sai, sono le dieci…
– …
– Pietro?…
L’occhio si apre del tutto. Il braccio si avvicina all’occhio. Le lancette sono sfocate e si sovrappongono. Poi sono a fuoco. Sono effettivamente le dieci.
– ‘Nnoshentitashvegliah…
– Come?
– Non ho sentito la sveglia…
Alla fine è capitato anche qui. Almeno è passato un anno. Dove lavoravo prima era abbastanza all’ordine del giorno che le gentili colleghe mi cercassero a casa quando rimanevo addormentato. Il fatto è che non mi svegliano nemmeno le cannonate. E’ per questo che di solito chiedo a Stefi di telefonarmi verso le otto per svegliarmi. Ma non tutte le mattine ci riesce. Quanto è dolce, però, lo scambio di battute che abbiamo la mattina, quando lei è al lavoro da più di un’ora e io sono ancora a letto… Di solito va così.
– Rrrrrrr?…
– Ciao cucciolo… sono le otto e un quarto!
– Rrr…
– Sì, amore… lo so…!
– Hhhhhmmm.
– Non ti riaddormentare, eh?
– R-rrraahhhh…
– Allora ciao, eh? Ci sentiamo più tardi!
– ‘Ao…
– Ti amo!
– Hannn…
A volte riesco persino a trovare il tempo di legarmi le scarpe, o di bere un sorso di latte. Perché il mattino ha l’oro in bocca…!