Negli ultimi mesi sono ritornato ad essere un lettore compulsivo. Merito probabilmente del Kindle e della facilità di leggere più libri ovunque mi trovi (in metro, a pranzo, in bagno, a letto, etc) senza portarmi dietro pesi considerevoli. Quando parlo di novecentomila pagine intendo ovviamente una stima di massima su “pagine Kindle”, che contengono al massimo tre paragrafi di testo per un cecato come me che aumenta a dismisura la dimensione del font (altro enorme vantaggio del Kindle).
Comunque sia, libri belli ne ho letti diversi (adesso sto leggendo Patria di Fernando Aramburu, storia familiare basca tra terrorismo e redenzione che consiglio vivamente), e mi fa piacere segnalarveli, dato che si tratta di un bel mix di robe totalmente diverse tra loro.
Il più recente, andando indietro nel tempo, è L’estate incantata di Ray Bradbury. Uno dei pochi libri che non avevo mai letto del maestro della fantascienza. Qui non si tratta proprio di fantascienza, ma del racconto lievemente “fantastico” di un passaggio dall’infanzia all’età adulta in un’estate del 1928 a Green Town, Illinois. Il protagonista è Douglas Spaulding, un dodicenne che nelle prime pagine del libro realizza di essere vivo e nelle ultime pagine prende coscienza dell’inevitabilità della morte. Strutturato come una serie di racconti indipendenti in cui i diversi personaggi riemergono ognuno nelle storie degli altri, è un gioiello incredibile che mi sono stupito di non aver mai letto prima (ma forse era questo il momento giusto). Si capisce molto bene da dove arrivano certe atmosfere care a Stephen King.
Poi c’è stato Persone normali, di Sally Rooney. Mi incuriosiva quest’aura da profetessa dei millennial che la Rooney si porta dietro dal primo romanzo (che non ho letto): Questo comunque è una storia d’amore sui generis, che procede seguendo due ragazzi irlandesi diversi tra loro che si prendono e si lasciano dall’adolescenza all’età adulta. Inizialmente è lui, popolare e atletico ad avere le redini in mano (lei è la freak della scuola). Successivamente è lei, che si porta dentro un’oscurità dovuta alla sua vita familiare, a ritrovarsi in una posizione “di potere”. Scrittura secca e coinvolgente, minuziose e azzeccate descrizioni dei moti dell’animo sia maschile che femminile. Finale straziante ma in tono minore, molto bello.
Sapiens. Da animali a dèi di Yuval Noah Harari è probabilmente il libro più importante che potreste leggere in questi anni, talmente necessario che ne hanno fatto anche un bignami on line. La storia dell’umanità dalla preistoria a oggi è raccontata in modo appassionante ed evidenziando i diversi tipi di evoluzione/rivoluzione occorsi nei secoli. Capire il passato aiuta moltissimo a capire il presente e il futuro (oggetto dell’altro libro famosi di Harari, le 21 lezioni, che però non è appassionante come questo). Comunque non scherzo, se non avete la pazienza di leggere tutto Sapiens di Harari, il riassuntone che ho linkato è validissimo e si legge in mezz’ora o poco più.
Anna di Niccolò Ammaniti me lo ero perso all’epoca della sua uscita e l’ho recuperato. Thriller post-apocalittico bello e secco, debitore di Cormac McCarthy ma in salsa siciliana. Un’epidemia ha decimato tutti gli adulti e il mondo è popolato solo di bambini allo stato brado. La protagonista e il suo fratellino devono cavarsela in un mondo dove si può essere sbranati da un cane randagio, rapiti da bande di preadolescenti ridotti allo stato animalesco, dove i cadaveri dei “grandi” infestano con la loro presenza centri commerciali abbandonati, palazzi vuoti, strade silenziose e assolate. Lascia il segno, Ammanniti (che avevo perso di vista da anni) non ha perso il suo smalto.
Proseguendo nel filone romanzi italiani ho letto anche Dolcissima abitudine di Alberto Schiavone e Il romanzo dell’anno di Giorgio Biferali. Il primo mi ha conquistato per il suo essere un “romanzo popolare” della Torino dagli anni della guerra a oggi. La storia è quella di Piera Cavallero, detta Rosa, prostituta dall’età di tredici anni, poi nel giro della mala torinese, poi finalmente “in proprio” e ricchissima, con l’aiuto di un cliente commercialista segretamente innamorato di lei. Tutto è estremamente sabaudo, anche le pratiche sessuali più bizzarre (che non mancano). Ma Piera ha un segreto bruciante, un figlio nato e subito dato in adozione, un figlio che le manca come un arto reciso, che segue da lontano per viverne la vita di riflesso. Ma dopo una vita “in vendita”, tutto quello che Piera può offrire sono i soldi: l’amore è troppo difficile. Il libro di Biferali invece è un intrigante romanzo epistolare che definirei indie (Biferali sta alla letteratura di consumo come Calcutta o I Cani stanno al pop italiano). Qui la premessa è: due fidanzati litigano, lei ha un incidente ed entra in coma, lui non sa staccarsi da lei e le scrive lunghissime lettere in cui le racconta tutto un anno di struggimenti con sullo sfondo la storia italiana e mondiale del 2017-18. Il romanzo dell’anno è un libro tenero, non ruffiano, che commuove in modo non plateale e ha un colpo di scena/ribaltone finale anche quello molto indie.
Documenti, prego di Andrea Vitali e Torpedone trapiantati di Francesco Abate (già autore del simpatico Mia madre e altre catastrofi) in quota “letture leggere” che poi tanto leggere non sono. Il libro di Vitali è un esercizio kafkiano che sulle prime fa sorridere, poi è solo angosciante. Non ho mai letto nient’altro di Vitali (non è il mio genere, solitamente) ma questo – che la maggioranza dei lettori ha schifato – non mi è dispiaciuto: tre agenti di commercio si fermano di notte in un autogrill. Uno di loro viene fermato dalla polizia per un problema sull’auto. Segue discesa nel baratro della follia. Torpedone trapiantati invece è la gustosa e molto fantozziana (nel senso che ricorda un po’ i primi libri di Villaggio) storia di una gita del reparto trapiantati dell’ospedale di Cagliari il cui protagonista, manco a dirlo, viaggia con la madre “sarda di ferro”. Si ride molto, ma le riflessioni sulla morte e sulla seconda occasione che i trapiantati hanno sono dietro l’angolo, sempre.
La raccolta di racconti folgorante del 2019 è sicuramente Cat Person di Kristen Roupenian. Ero già stato conquistato dal racconto che dà il titolo al libro (uscito sul New Yorker nel 2017 e diventato di colpo virale a cavallo del #metoo). L’argomento: una breve relazione finita male a base di sexting e costrutti mentali poco aderenti alla realtà. Tale il successo di questa short story che Roupenian strappa un anticipo a sei zeri per la raccolta di racconti in oggetto. Oltre a Cat Person quindi ci sono altri 11 racconti disturbanti, angoscianti e/o inquietanti riguardo alle relazioni, al sesso, al disagio mentale e altre amenità. Forse il miglior libro tra quelli letti quest’anno (ma io amo i racconti brevi, quindi ha gioco facile).
Infine, per la serie “libri di cui avevo visto solo il film ma che non avevo mai letto”: Le regole dell’attrazione di Bret Easton Ellis. Ho questo ricordo indelebile di James Van Der Beek, Shannyn Sossamon e Ian Somerhalder che mi gira in testa e posso capire che non sia stato per niente facile trasporre Ellis. Adoro come è scritto, con l’inizio e la fine del libro che entrano a metà di una frase già iniziata (o non finita), racconto a tre voci di Sean, Lauren e Paul tra scopate nei dormitori universitari, droghe di ogni tipo, violenze fisiche e psicologiche, il suicidio di una compagna di corso, il triangolo amoroso bisessuale, l’estetica molto anni ’80 (nel film era tutto più anni zero). Una piacevole rimpatriata nel mondo di Ellis che normalmente apprezzo moltissimo anche se mi risulta al tempo stesso un po’ indigesto.
E voi? Quali bei libri avete letto da scambiarci come le figu?