11 anni fa se n’è andato mio padre, dopo quella che posso tranquillamente definire l’estate più brutta della mia vita. Quest’estate non è certamente a quei livelli, ma ci si sta avvicinando a grandi passi. A 80 anni, mia madre ha i suoi problemi da un po’, ma vedersela invecchiare di colpo (tipo da 80 a 95, per dire) è una cosa pesante.
Da giorni vivo in uno stato di sospensione temporale: una settimana che sta sembrando un mese o forse più, una settimana di “osservazione” in cui se va bene dorme, se non va bene sono costanti crisi di panico per la situazione che la affligge e di cui è perfettamente cosciente. Disfonia e disfagia dovute (a quanto pare, e speriamo sia solo quello) a effetto collaterale di accumulo di sostanze presenti in uno dei suoi psicofarmaci.
Disfonia e disfagia dette così sembrano disturbi banali, ma in soldoni si tratta di non riuscire a parlare se non emettendo suoni inarticolati e di non riuscire a mangiare un boccone o bere un sorso senza sporcarsi continuamente. Immaginate di comportarvi di colpo come una persona affetta da un grave ritardo mentale senza però avere un effettivo ritardo mentale. Non è certamente piacevole e mina la semplice fiducia nell’essere quantomeno capace di esprimersi o di nutrirsi.
Tralascio la trafila di esami, visite di controllo, consulti e pareri medici che questa cosa può trascinarsi dietro. Mi concentro invece su quanto questa cosa può risuonare in me. Figlio unico, di madre vedova che sta a un’ora di macchina. Mio padre è morto che aveva ancora molto da dare, non dico nel fiore degli anni, ma insomma a 67 anni oggi si è ancora giovani. Mia madre potrebbe vivere ancora a lungo, e la prospettiva rischia di diventare molto stretta: assistenza domiciliare sempre più articolata, eventuale ricovero in residenza assistita e via così.
Prendere coscienza che i genitori invecchiano e possono diventare non autosufficienti è un percorso un po’ difficile, si tende sempre a “non voler vedere” e a pensare che tutto resti immutabile, ma ovviamente non è così. Maledico un po’ l’attitudine “tardiva” della nostra famiglia, che ci ha portato ad una differenza di età tale per cui a 46 anni ho una madre di 80 (contro una media di 70 anni di madri di coetanei) e un figlio di 4 (contro una media di 14 anni di figli di coetanei). Ma è inutile piangere sulla genetica versata.
Mi trovo (nuovamente, dopo 11 anni) in un momento della mia vita in cui vedo un orizzonte stretto, chiuso, fatto di responsabilità schiaccianti e di situazioni difficili. Questo porta anche me, il mio stomaco, i miei polmoni, a sentirsi stretti e chiusi. E mi porta come sempre a riprendere in mano il mio lato leopardiano. Mi basterebbe l’assenza di dolore per definire la felicità.
Nell’orizzonte un po’ chiuso che vedo intorno a me brillano tantissimo l’amore, l’amicizia e la solidarietà che mi stanno dimostrando tutti, a partire dalla mia meravigliosa donna fino ai conoscenti che vedo poco, passando per gli amici più cari e i colleghi più stretti. Ecco, questa per me è veramente una luce in fondo al tunnel, preziosissima.
E di questo vi ringrazio tutti, non sarà dimenticato.